Vincent Bollore' in un'immagine d'archivio. ANSA / Salmoirago

Vincent Bollore’ in un’immagine d’archivio.
ANSA / Salmoirago

Squalo finanziario o imprenditore lungimirante? L’opinione pubblica è divisa su Vincent Bollorè, il miliardario bretone salito alla ribalta delle cronache italiane per la scalata record a Mediaset.

Non è la prima volta che il nuovo azionista di maggioranza dell’azienda cerca fortuna in Italia. Le prime operazioni finanziarie risalgono al 1999. Allora Bollorè ha già un nome. Nel giro di poco più di un decennio è riuscito a risanare la cartiera di famiglia, ereditata in dissesto economico, grazie a sette scalate. Non solo. è azionista di maggioranza della Banque Rivaud, l’istituto di credito più segreto di Francia secondo Les Echoes. Un incarico ottenuto grazie all’amicizia del padre con Edouard de Ribes, figura di spicco dell’istituto di credito, che negli anni gli frutta partecipazioni diffuse nelle ex colonie francesi.

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Antoine Bernheim è morto il 5 Giugno 2012 all’età di 87 anni

L’interesse nell’Italia scaturisce da una richiesta d’aiuto da parte dell’amico Antoine Bernheim. Il numero uno della banca Lazard è stato estromesso dalla guida delle Assicurazioni Generali ma vuole farci ritorno. Per questo si rivolge a Bollorè che, grazie al capitale accumulato, lo spalleggia nell’impresa attraverso l’acquisto di azioni della banca d’affari in Mediobanca, suo azionista di maggioranza. L’operazione ha successo. Tre anni dopo Bernehim è di nuovo presidente delle Generali mentre Bollorè siede al consiglio di amministrazione di Mediobanca.

 

Ma lo shopping in Italia va avanti. Nel mirino del finanziere bretone c’era anche Telecom Italia, un tassello fondamentale per la creazione di un impero industriale di telecomunicazioni e media in grado di produrre contenuti che possano contrastare la concorrenza del Web. Per dare corpo all’idea, si muove sul suo campo prediletto, quello delle partite finanziarie. Nella seconda parte del 2016 arriva al 24,9% della principale società di telecomunicazioni italiana nel ruolo di CEO di Vivendì, il colosso dei media francesi che incorpora al suo interno Canal + e l’etichetta californiana Universal Music group.

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Il passo successivo è l’acquisto del 3% delle azioni di Mediaset. Ad Aprile di quest’anno il primo tentativo di espandersi. Le trattative subiscono però una brusca frenata. Prima i francesi fanno un passo indietro su Premium, poi la scalata improvvisa che nel giro di pochi giorni, complice la disattenzione mediatica dovuta alla caduta del governo italiano, passa al 20%. Una mossa aggressiva, la definiscono in molti a partite dal neo nominato presidente del consiglio Paolo Gentiloni all’ex premier Silvio Berlusconi che di quella compagnia è stato il fondatore. Ma non illecita.

“L’industriale sa fare i conti”, dice Fiorina Capozzi, giornalista de ilfattoquotidiano.it e autrice di una biografia non autorizzata. Ha una sola battuta d’arresto, nel 2014. Manipola i corsi della borsa nella Premafin, holding di Salvatore Ligresti e la Consob non glielo perdona. 3 milioni di euro di multa e 18 mesi di interdizione. Per il resto la carriera del sessantasettenne parigino, residente nel “ghetto dorato” di Villa Montmorency, è costellata di successi. Gli ingredienti? Sveglia alle sei, 15 ore di lavoro giornaliere e senso degli affari senza disdegnare le amicizie, a destra e sinistra. Ottime le relazioni con Renzi, Hollande, Sarkozy e il sindaco di Parigi Anna Hidalgo che tanto apprezza “il suo coraggio da imprenditore ecologista” – si deve a lui Autolib, il progetto di car sharing nella capitale che presto arriverà a Torino e Roma.

Buoni i rapporti anche con i concorrenti. L’imprenditore e produttore tunisino Tarak Ben Ammar siede nel CDA di Vivendì ed è lui che ce lo ha voluto. Forse un riconoscimento per la rete dei rapporti che grazie a lui è riuscito a tessere in Italia e che adesso sembra voler rompere. Non sarebbe la prima volta. Ha già divorziato con la moglie, colpa di una scappatella con la cognata, e con Bernehim. Nel 2010 gli ha preferito Geronzi alla Guida delle Generali. Il banchiere se ne è andato ma lui, con l’8%, è rimasto secondo socio dopo Unicredit e al consiglio ha fatto sedere la figlia Marie.