Sembra di stare allo stadio: ci sono i cori, le invocazioni al Milan e al Monza e bandiere che sventolano, ma non il pubblico della serie A. Urla e cartelloni distraggono, ma non nascondono il vuoto delle ultime file. Il campo di gioco per la chiusura, il 7 febbraio, della campagna elettorale di Attilio Fontana per la presidenza della regione Lombardia è il teatro Dal Verme di Milano.

L’ingresso – Alle 17:30, mezz’ora prima dell’orario stabilito per l’inizio dell’evento, a teatro è già tutto pronto. Dietro una fila di giornalisti e forze dell’ordine, sono schierati gli stand dei tre grandi attesi: il leader della Lega Matteo Salvini, il capo di Forza Italia Silvio Berlusconi e la presidente del Consiglio Giorgia Meloni (FdI). Non si legge quasi per niente il nome di Fontana, salvo poi accorgersi che c’è, in un angolino poco illuminato, un tavolo semivuoto con un manifesto che recita «Avanti per Fontana presidente». Il governatore lombardo non tarda a prendersi una “rivincita”: al suo arrivo, quasi tutti i giornalisti che avevano accerchiato Vittorio FeltriDaniela Santanchè (il direttore di Libero e la ministra del Turismo per FdI) si buttano su di lui, abbandonando la coppia.

L’accoglienza da stadio – Alle 18:20, con un ritardo di venti minuti che il ruolo di presidente del Consiglio le concede, Giorgia Meloni sale sul palco col sottofondo di “Il cielo è sempre più blu” di Rino Gaetano e il pubblico inizia a sventolare le bandiere. Mentre la leader si appresta a sedersi accennando un balletto sui vari «sei grande» e «Giorgia, Giorgia», dal pubblico parte un coro tutto al maschile: «Innamorato son, ho visto la Meloni». Berlusconi – che entra insieme alla compagna Marta Fascina – viene accolto sul grido di «c’è solo un presidente» e con in mano dei cartelli dalla scritta “Forza Silvio”. Sul coro «Matteo, Matteo» entra anche Salvini.

Salvini parla milanese – Presente, ma passato inosservato, anche Maurizio Lupi, leader di Noi con l’Italia. È lui il primo a parlare, con un elogio a Fontana per la sua gestione dell’emergenza Covid. Tra applausi ed entusiasmo, l’intervento di Lupi ha anche i suoi effetti collaterali su una signora nel pubblico, che si addormenta perdendosi l’intervento di Salvini. Non è facile riuscire a dormire sulle parole del leader della Lega, movimentato dalle grida «bravo Matteo» e da applausi, sui quali ogni volta si accendono le luci laterali. L’intervento si svolge tra critiche al reddito di cittadinanza in dialetto milanese e frasi fatte che si alternano a discorsi su sicurezza, piste ciclabili e Sanremo: «chi si loda, s’imbroda», «chi si somiglia, si piglia», «dimmi con chi vai e ti dirò chi sei».

Foto di Marta Di Donfrancesco

L’appello di Berlusconi a Fontana – Mentre la signora si sveglia sale sul palco Berlusconi. Un ragazzo lo accoglie con un «Forza Milan», che qualcun altro corregge con «Forza Monza». “Silvio”, come lo chiama il pubblico gridando senza sosta, è il primo a iniziare il discorso parlando di Fontana. È lecito immaginare che il governatore si aspettasse un invito al pubblico a votarlo, ma l’esortazione di Berlusconi è tutta per lui: «Attilio, lo sai e lo sai bene che c’è una cosa sulla quale non sono assolutamente d’accordo: quella barba lì te la devi tagliare», dice tra le risate che vengono dalla platea. Il resto del discorso, come quelli degli altri leader della maggioranza, ha poco a che vedere con le regionali, fatta eccezione per qualche frase a effetto del tipo: «Se vince la Lombardia, vince l’Italia».

Meloni elogia il suo governo – La moderatrice dà il benvenuto «al presidente Giorgia Meloni» (rigorosamente con l’articolo al maschile). Qualcuno del suo fanclub la accoglie urlando: «Vai guerriera! Sei la nostra speranza, Giorgia!». Ma “Giorgia” forse ha il treno per Roma, perché risponde senza ricambiare l’entusiasmo: «Sì, però così finiamo alle 9». L’intervento di Meloni si svolge tutto a livello nazionale, tra il vanto dei risultati raggiunti dal suo governo contro criminalità e immigrazione e il tendere la mano al suo alleato Silvio Berlusconi, di cui dice: «A me sembra che sia il miglior ministro degli Esteri che questa nazione abbia mai avuto». Il pubblico si rianima sui toni forti e urlati della leader di FdI, che va avanti a celebrare i risultati della sua destra: «L’Italia non è più la Repubblica delle banane».

Fontana ultimo, ma non per importanza – A circa un’ora dall’inizio è il momento clou, come dice la moderatrice: quello di Attilio Fontana. Peccato, però, che proprio ora il pubblico e i giornalisti inizino a lasciare la sala. Non solo: dietro alle file di chi lo accoglie gridando: «C’è solo un presidente», c’è anche chi inizia a chiacchierare e a sbadigliare. Fontana è l’unico che si concentra sulle regionali, anche se in alcuni momenti si lascia trascinare dall’impronta nazionale dei suoi sostenitori: «Questa nostra repub… regione». Dopo il suo discorso contornato da urla e applausi, l’evento si chiude sulle note di “Sarà perché ti amo” dei Ricchi e Poveri e di una folla che cerca Meloni.