Sono almeno diecimila i civili uccisi in Yemen nella guerra “dimenticata” che da due anni devasta il paese mediorientale. Lo dice l’Organizzazione delle Nazioni Unite, attraverso Jamie McGoldrick, dell’Ufficio per gli affari umanitari. E si tratta di una stima ottimistica, perché si basa solo sui rapporti raccolti dagli ospedali del Paese, bersagli di continui bombardamenti negli ultimi 24 mesi. Il numero, sottolinea l’Onu, potrebbe essere più alto.
È questo il prezzo pagato dalla popolazione in una guerra dalle dinamiche complesse. Ad oggi lo Yemen è spaccato in due da un conflitto che vede in azione esercito filogovernativo, gruppi ribelli locali, terrorismo e potenze del Golfo.
Una transizione difficile. Con l’esplosione delle primavere arabe nel 2011, richieste di aperture democratiche sono nate anche nello stato meridionale della penisola arabica. L’obiettivo delle proteste: liberare lo Yemen dalla guida autoritaria di Ali Abdullah Saleh, al potere dal 1990. L’Arabia Saudita, che da sempre esercita la sua influenza sulla regione, ha visto nelle rivolte di piazza il pretesto per rovesciare il governo di Saleh. La potenza sunnita ha avviato un processo di transizione che ha portato al governo Abdel Rabbo Monsour Hadi, riconosciuto dalle nazioni arabe e dalla comunità occidentale. Da inizio 2015, però, si sono formati nella regione nord occidentale del paese gruppi armati ribelli della tribù sciita degli Houthi che, alleati con l’ex presidente Saleh, mai davvero fuori dai giochi, hanno preso il controllo della capitale Sana’a. Da allora in Yemen è scoppiato un sanguinoso conflitto tra i ribelli e la coalizione dei Paesi del Golfo guidata dall’Arabia Saudita, intervenuta militarmente oltre i confini, bombardando le città in rivolta. Un contesto reso ancora più problematico dall’infiltrazione di Al-Qaeda che controlla le regioni centro-meridionali del Paese.
Un Paese dilaniato. A farne le spese negli ultimi due anni sono stati i civili. Amnesty International denuncia dall’inizio degli scontri i crimini di guerra che si compiono sul territorio yemenita. L’Arabia Saudita è infatti accusata di aver condotto bombardamenti aerei indiscriminati sugli ospedali e i quartieri civili della capitale e di Saada, centro settentrionale del paese controllato dagli Houthi. E secondo i rapporti delle agenzie umanitarie non è escluso l’uso saudita di armi vietate come le bombe a grappolo. A questo si sono aggiunti i continui attentati terroristici compiuti da Al-Qaeda nel sud dello Yemen, rendendo il contesto ancora più caotico.
Una guerra dimenticata. Lo scenario oggi è quello di un conflitto silenzioso, passato in sordina nelle stanze delle cancellerie europee e americane. Le ragioni possono essere diverse. Da una parte i tanti focolai sullo scacchiere mediorientale distolgono l’attenzione della diplomazia, concentrata nel risolvere le crisi che toccano più in prima persona le potenze occidentali. Dall’altra l’alleanza strategica degli Stati Uniti e di alcune nazioni europee, compresa l’Italia, con l’Arabia Saudita, principale partner petrolifero e alleato nella battaglia al terrorismo, rende problematico qualsiasi intervento. Il commercio di armi con la potenza saudita, portato alla luce da un’inchiesta delle Iene, complica il quadro: aerei e altro materiale militare prodotto in Italia e in altri Paesi europei sarebbero usati nei bombardamenti a tappeto sul territorio yemenita.