Doveva essere il “vaso di fiori”, il burocrate moderato con funzioni poco più che ornamentali dopo la strage di piazza Tiananmen, ma non ha esitato a restringere la libertà di espressione nel Paese mentre riprendeva chiavi (e lucchetto) di Hong Kong. L’ex presidente della Repubblica popolare cinese Jiang Zemin è morto il 30 novembre a Shanghai. Soffriva da tempo di leucemia e non compariva in pubblico da fine 2019. Leader del Partito comunista cinese tra il 1989 e il 2002 e presidente della Repubblica tra il 1993 e il 2003, ha guidato il Paese attraverso le riforme economiche impostate da Deng Xiaoping e consolidato l’immagine di Pechino come potenza emergente agli occhi dell’Occidente. Sotto di lui la Cina ha vissuto il ritorno di Hong Kong dopo 156 anni di dominio britannico, l’ingresso nella World Trade Organisation (Wto) e la candidatura per ospitare le Olimpiadi del 2008. La scomparsa di Jiang arriva in un momento particolare per la leadership cinese, costretta a fare i conti con i diversi focolai di protesta dei centri urbani insofferenti contro le misure di contenimento del Covid-19. Si teme che il cordoglio per la morte dell’ex presidente possa diventare pretesto per ulteriori manifestazioni contro il governo.
Non un semplice burocrate – All’esordio della sua carriera si pensava che sarebbe stato un politico burocrate, privo di contenuto, che avrebbe svolto una funzione puramente ornamentale e di passaggio nella Cina post Tiananmen.Ma una volta prese le redini del Partito, Jiang si è messo comodo. Durante i suoi 15 anni di carriera ai vertici del governo cinese, si è dimostrato un politico cosmopolita che, senza essere coperto dall’ingombrante ombra di Deng Xiaoping, ha portato a termine le riforme economiche del Paese. Una figura ricca di personalità, a tratti esuberante. Famoso è ad esempio l’episodio in cui ha perso le staffe di fronte a dei giornalisti di Hong Kong, criticandoli (in inglese) di essere «too young, too simple, sometimes too naive!». Così come celebri sono i suoi incontri con personaggi che hanno attraversato caratterizzato un’epoca passata, da Margaret Thatcher a Giulio Andreotti, passando per Luciano Pavarotti con cui Jiang, da appassionato di canto lirico, ha intonato “O’ sole mio” durante una cena a Pechino nel 2001.
Leader letterato – Nato da una famiglia benestante di Yangzhou, una piccola città nel centro della Cina vicina al fiume Yangtze, Jiang non è certo paragonabile ai leader proletari di epoca maoista, avendo ricevuto un’educazione internazionale con una laurea negli Stati Uniti ed essendosi avvicinato alle arti e alla letteratura che la Rivoluzione Culturale aveva sconfessato. È stato il primo politico cinese di alto livello a non aver combattuto nella Rivoluzione comunista di Mao Zedong e ha invece modernizzato il Partito comunista, aprendo la strada a leader futuri come Hu Jintao e l’attuale presidente Xi Jinping. Una volta abbandonate le cariche importanti che ricopriva, ha continuato a influenzare la politica cinese fino al momento della sua malattia.
L’eredità – Oltre alla supervisione del ritorno a Hong Kong nel 1997 e all’ingresso della Cina nella Wto, la Cina di Jiang è quella che è riuscita a guadagnarsi la nomina per ospitare le Olimpiadi di Pechino 2008, che sarebbero poi diventate uno spartiacque importante nella storia del posizionamento cinese sulla scena globale. Ingegnere elettronico e appassionato di tecnologia, Jiang è stato anche uno dei primi leader a parlare di tecnologia quantistica e intelligenza artificiale in Cina, nonché uno dei teorizzatori di quel sistema di controllo dell’informazione digitale oggi vigente nella Rpc. Già nel 2001 l’ex presidente aveva condannato la diffusione di “informazioni pericolose” su Internet e durante il suo governo ha spinto per la creazione di un apparato normativo a controllo della comunicazione digitale.
Zio rospo – In questi anni Jiang Zemin è stato anche grande fonte di ispirazione per il web. Tra i politici cinesi più inflazionati nel mondo dei meme, Jiang Zemin è ricordato dagli utenti dell’Internet cinese come “nonno Jiang” o “zio rospo” per la sua somiglianza all’anfibio dagli occhi placidi. In questi giorni le pagine dei media statali e dei social media cinesi sono completamente in bianco e nero in segno di lutto per la perdita del leader, e sulle pagine di Wechat e Weibo gli utenti hanno espresso cordoglio pubblicando ceri virtuali e condividendo passaggi di discorsi passati. Festeggiano invece gli utenti hongkonghesi, che nella “faccia da rospo” di Jiang vedono l’accordo con Thatcher per il ritorno alla Cina dell’ex colonia britannica ancora fresco nella memoria.