È stato l’uomo dell’apertura alla Cina, il negoziatore che ha portato via gli Stati Uniti dal pantano vietnamita, l’artefice della ricucitura tra Israele e i suoi vicini dopo la guerra dello Yom Kippur, il premio Nobel per la pace lo stesso anno in è stato architetto del colpo di Stato in Cile, il gestore della politica estera statunitense durante gli anni più duri della Guerra fredda. Diplomatico illuminato o spregiudicato a seconda delle prospettive, Henry Kissinger, morto nella notte nella sua casa in Connecticut, ha vissuto 100 anni di storia. Molti lo ricordano come uno dei volti del “secolo breve”, ma anche nel nuovo millennio Kissinger non ha mai appeso al chiodo le armi della diplomazia: incontrando i potenti del mondo, come quando a luglio 2023 è stato ricevuto a Pechino con tutti gli onori del caso da Xi Jinping, o scrivendo libri, con le sue ultime riflessioni che si sono concentrate sugli impatti geopolitici di tecnologia e intelligenza artificiale.

L’apertura alla Cina di Mao – Heinz Alfred Kissinger, nato da una famiglia ebraica nel 1923 a Furth, in Baviera, e ribattezzato Henry dopo l’arrivo negli Stati Uniti nel 1938, in fuga dalle persecuzioni antisemite del regime hitleriano, si è comportato spesso come un presidente ombra, con un passaporto che gli ha sbarrato però sul nascere ogni ambizione verso la Casa Bianca. Nel 1971 è stato il grande sherpa che ha preparato il terreno per lo storico incontro dell’anno successivo tra Nixon e Mao, l’architetto dell’apertura degli Usa alla Cina comunista. Il realismo kissingeriano ha unito teoria e prassi, studi da accademico (per anni ha insegnato Relazioni internazionali ad Harvard) e decisioni politiche. Dividi et impera. Quando ha lavorato per far il riavvicinamento con la Cina, lo ha fatto pensando ad allontanare Pechino da Mosca. Anche se proprio il riconoscimento del gigante asiatico da parte americana, ha segnato il battesimo dell’apertura cinese al mondo. Oltre che consigliere diplomatico di una dozzina di inquilini della Casa Bianca, Kissinger è stato l’unico a ricoprire insieme la carica di Segretario di Stato e Consigliere per la sicurezza nazionale (con Nixon e con Ford).

Gli altri dossier – Kissinger è stato il principale tessitore dei negoziati con il Vietnam che portarono al ritiro statunitense dal Paese indopacifico. Per questo nel 1973, a guerra ancora in corso, gli è stato assegnato un controverso premio Nobel per la Pace insieme a Le Duc Tho, il più importante diplomatico vietnamita. È però finito sui libri di storia anche per i bombardamenti in Cambogia durante la guerra in Vietnam che, secondo le stime, causarono la morte di almeno 50 mila civili, o anche per tutte quelle operazioni per procura che durante gli anni della Guerra fredda gli Usa hanno condotto in giro per il mondo, dall’Africa subsahariana al Medio Oriente fino, ancora, al Sudamerica. Nel Medioriente è stato protagonista della ricucitura – la shuttle diplomacy – tra Israele e i suoi vicini dopo la guerra dello Yom Kippur, sfociata nel 1978 (col presidente democratico Jimmy Carter e Kissinger non più segretario di Stato ma sempre ascoltato consigliere ombra) negli accordi di Camp David tra Tel Aviv e l’Egitto, con il primo storico riconoscimento dello Stato ebraico da parte di un Paese arabo.

Il colpo di Stato in Cile – Illuminato o spregiudicato, geniale o criminale. Nel 1973, mentre il Comitato norvegese assegnava a Kissinger il Nobel, in Cile un sanguinoso colpo di Stato con tremila morti defenestrava il socialista Salvador Allende (che in quelle stesse ore si toglieva la vita sparandosi con una pistola regalata da Fidel Castro) e portava al potere Augusto Pinochet. Secondo documenti desecretati da anni, fu proprio Kissinger il grande regista del golpe che ha instaurato la dittatura militare nel Paese sudamericano, con l’obiettivo di strozzare – nel “cortile di casa” statunitense – qualsiasi ipotesi di fare del Cile una nuova Cuba.

La realpolitik – Al di là delle etichette ideologiche, Henry Kissinger è stato uno dei più importanti teorici e interpreti della realpolitik, di un pragmatismo spesso accusato di cinismo. Nel 1954 conseguì il dottorato ad Harvard con una tesi sul rapporto tra pace, legittimità ed equilibrio di potere, una summa teorica della sua concezione delle relazioni internazionali. Per Kissinger più che il diritto internazionale, è il balance of power che deve essere il mezzo tramite cui garantire la pace tra gli Stati (anche se con il rischio di sacrificare i diritti umani). Proprio per questa visione ispirata a una ricerca di un equilibrio tra potenze, Kissinger si era spinto, all’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, a pensare a soluzioni basate su una neutralità di Kiev come garanzia di sicurezza per Putin. Dopo qualche mese, l’ex segretario Usa si è poi schierato a favore dell’Ucraina nella Nato e ha proposto un’exit strategy dal conflitto basata sul riconoscimento della Crimea come territorio russo e sulla spartizione del Donbass tra i due Paesi. Oltre a incontri di alto livello, l’ultimo dei quali con Xi Jinping, negli ultimi anni della sua vita il diplomatico naturalizzato americano dall’accento tedesco si è dedicato alla scrittura di libri, con un occhio alle minacce che la tecnologia e l’intelligenza artificiale possono recare a un già precario ordine mondiale, che negli anni anche Kissinger ha contribuito a plasmare.