«Tornate in Siria», queste le parole del primo ministro ad interim Muhammad Al-Bashir, capo dell’esecutivo siriano post-dittatura, che si è rivolto ai milioni di profughi che hanno lasciato la propria casa negli anni passati, scappando dal regime di Assad. «Il primo obiettivo», ha continuato il capo del nuovo esecutivo, «è quello di ristabilire la sicurezza in tutto il territorio. Bisogna tornare ad una vita normale». Numeri alla mano sono circa cinque i milioni di siriani secondo l’UNHCR – agenzia ONU per i rifugiati – che hanno lasciato il Paese: di questi tre milioni hanno varcato la frontiera della Turchia, mentre gli altri due milioni hanno guardato più a Occidente. Oggi la situazione è cambiata e molti sognano di tornare a casa. Dal governo di transizione è arrivato un appello rivolto direttamente a loro: «Dobbiamo ricostruire e abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti».
La posizione dell’Ue – Appena è scoppiata la crisi in Siria, la Commissione europea ha subito ribadito ai 27 l’importanza di rispettare le norme Ue in materia di asilo. Nonostante questo, molti tra i vari Stati membri hanno già stoppato le domande di asilo nei confronti dei siriani.
La neo-commissaria per la Politica Estera e di Sicurezza Kaja Kallas ha commentato: «I Paesi ospitanti si aspettano un progressivo rientro dei profughi, in quanto le nostre politiche di asilo si rivolgono alle persone che scappano dalle zone di guerra, condizione che è venuta meno». A iniziare le procedure per lo stop alle domande d’asilo sono stati i governi di Germania, Italia e Austria, seguiti poi da Grecia, Belgio, Svezia e Danimarca. A smarcarsi è stata la Spagna di Pedro Sanchez, con il ministro degli Interni di Madrid Fernando Grande-Marlaska Gomez, che ha commentato: «Per noi il diritto all’asilo è essenziale, non va limitato l’accesso alla protezione dei siriani». Anche il Consiglio d’Europa ha voluto ribadire la sua posizione. Michael O’Flaherty, commissario per i diritti umani dell’organizzazione paneuropea, ha evidenziato: «Bisogna evitare la sospensione del trattamento delle richieste di asilo. L’annuncio di piani per il rimpatrio forzato da parte di diversi Stati sollevano interrogativi sulla conformità con gli obblighi internazionali in materia di rifugiati, in particolare con il principio di non respingimento».