Si troverebbe in buone condizioni di salute Alberto Trentini, il cooperante italiano  detenuto in Venezuela dal 15 novembre scorso. Le prove, secondo quanto riportato dall’agenzia ANSA, sarebbero arrivate alla Farnesina grazie al canale diplomatico tenuto aperto con Caracas.

L’arresto – Trentini era arrivato in Venezuela il 17 ottobre 2024 per una missione di cooperazione internazionale con le ong Humanity e Inclusion. Il 15 novembre, mentre viaggiava dalla capitale verso la zona sud-occidentale del Paese, è stato fermato ad un posto di blocco ed arrestato con l’accusa di terrorismo. Da allora nessuna notizia certa, solo indiscrezioni che lo descrivono rinchiuso nel carcere di Caracas, probabilmente nella sede centrale dei servizi a Boleita. Un luogo sotto inchiesta delle Nazioni Unite per crimini contro l’umanità. A spiegare il fermo, sarebbe la volontà da parte di Nicolás Maduro, presidente del Venezuela, di ottenere un riconoscimento ufficiale dal governo italiano dopo le elezioni del luglio 2024 la cui regolarità è contestata dall’Unione Europea.

Le mobilitazioni in Italia – La vicenda ha finora avuto un eco mediatico ridotto, soprattutto se paragonato a quello del caso di Cecilia Sala, arrestata a Teheran e rilasciata dopo 21 giorni d’intense pressioni internazionali sull’Iran e sugli Stati Uniti. Una prima novità c’è stata il 4 gennaio, quando i familiari di Giulio Regeni, il ricercatore italiano ucciso nel 2016 in Egitto, hanno lanciato un appello televisivo a favore di Trentini chiedendo al governo italiano d’intervenire: «perché è passato troppo tempo, non si sa dove sia e vogliamo che questo giovane italiano torni a casa sano e salvo, che venga rispettato come portatore di pace». Da allora, a Venezia, dove Trentini è nato e si è laureato, sono state organizzate varie manifestazioni e flash mob, l’ultima sabato 1 febbraio, per chiedere il rilascio e sensibilizzare l’opinione pubblica sulla vicenda. Cortei anche a Bologna, dove uno striscione è stabilmente presente all’ingresso del rettorato.