Le proteste che stanno scuotendo l’Algeria da oltre due settimane non hanno dissuaso Abdelaziz Bouteflika. Domenica 3 marzo, l’82enne presidente in carica ha lasciato la clinica di Ginevra in cui era ricoverato per rientrare nel suo Paese e formalizzare la candidatura alle prossime elezioni presidenziali del 18 aprile, la quinta della sua carriera politica. Un atto che ha alimentato ulteriormente il dissenso dei manifestanti, tornati nelle piazze dopo le iniziative dei giorni scorsi. Gli slogan di rabbia scanditi dopo l’annuncio erano tutti contro Bouteflika, simbolo di una classe dirigente che da oltre vent’anni tiene le redini del Paese. E, secondo alcuni analisti, una marionetta di un ristretto circolo di personalità intente a sfruttarlo per mantenere il potere.
L’eterno presidente – Bouteflika è infatti incapace di intendere e costretto su una sedia a rotelle, conseguenze di un ictus che lo ha colpito nel 2013, anno del suo ultimo discorso in pubblico. Da allora è spesso all’estero per sottoporsi a cure. Presidente da oltre vent’anni, è stato un colonnello dell’esercito. Negli anni ‘60 combatté per l’indipendenza contro i francesi e, in seguito, diventò ministro degli Esteri. Bouteflika riuscì a imporsi nella guerra civile degli anni ‘90 in cui sconfisse le forze islamiste e che causò la morte di circa 200mila persone. Un periodo nero che spesso viene richiamato come minaccia per spegnere le proteste.
La protesta dei giovani – Lo spauracchio degli anni del terrorismo sembra tuttavia non spaventare i giovani, che quegli anni non li hanno vissuti o se li ricordano a stento. Sono proprio le nuove generazioni che hanno dato via a quella che sembra una seconda Primavera araba per chiedere prima di tutto più democrazia nel Paese, ma anche posti di lavoro. I ragazzi sotto i 30 anni, i più colpiti dalla disoccupazione, rappresentano il 70 per cento della popolazione. Il movimento di protesta ha però coinvolto diverse categorie: laici, islamici, donne, lavoratori, giornalisti, affaristi e universitari. Nonostante le intenzioni pacifiche dei manifestanti, venerdì 1 marzo nella capitale Algeri si è registrata una vittima negli scontri con la polizia, Hacen Benkhedda, figlio di Benyoucef Benkhedda, secondo presidente del governo provvisorio della Repubblica algerina. Proprio venerdì era scesa in piazza nella capitale anche Jamila Bouhired, eroina della guerra d’indipendenza contro la Francia, da anni impegnata come attivista per i diritti delle donne in Algeria.
Chi c’è dietro Bouteflika – A muovere come un burattino Bouteflika sarebbero il fratello minore e suo consigliere Said, ma ancora di più il 79enne generale Ahmed Gaid Salah, capo delle forze armate da oltre 15anni, descritto dal New York Times come il rappresentante «di una gerontocrazia rimasta dalla guerra di indipendenza di quasi sessant’anni fa». Ci sarebbe la sua mano dietro i recenti cambiamenti nella squadra di governo: il ministro dei Trasporti Zalene è stato chiamato a sostituire Malek Sellal, l’uomo delle ultime campagne elettorali di Bouteflika, mentre il contestato premier Ouyahia è stato rimpiazzato dall’ex ministro degli Esteri Lamamra. Secondo una fonte diplomatica citata dal Corriere della Sera, l’intenzione di Salah sarebbe quella di costruirsi un futuro da «Al Sisi dell’Algeria».
Opposizione disorganizzata – In tutto questo l’opposizione resta. Domenica sera, oltre a Bouteflika, si sono registrati altri 7 candidati, ma le forze che dovrebbero sfidare l’attuale presidente non sono riuscite a convergere su un nome e su una candidatura alternativa forte. La situazione è osservata con attenzione e qualche preoccupazione anche da Roma, dal momento che il Paese nordafricano è il maggiore fornitore di gas dell’Italia dopo la Russia.