Quindici stranieri e trenta algerini sarebbero già fuggiti. Ma, nella mattinata di giovedì 17 gennaio, restano ancora decine gli ostaggi nelle mani di un gruppo di jihadisti nel sito petrolifero algerino di In Amenas. Citando una “fonte ufficiale”, il canale privato Ennahar, ha infatti riferito che alcuni degli stranieri e circa trenta algerini sono riusciti a eludere la guardia del commando. «La situazione è molto pericolosa, l’esercito algerino deve ritirarsi e avviare negoziati che potrebbero evitare perdite di vite umane», uesto l’appello di tre dei 41 stranieri tenuti in ostaggio .
L’attacco è iniziato mercoledì 16 all’alba. “Coloro che firmano con il sangue” – così si definiscono i membri del gruppo fondamentalista – hanno attaccato l’impianto di raffinazione gestito dalla britannica Bp, dalla norvegese Statoil e dall’algerina Sonatrach e si sono asserragliati all’interno della struttura insieme ai dipendenti. Due persone, un algerino e un britannico, sono rimaste uccise e altre sei ferite.
Resta invece incerto il numero esatto degli ostaggi, che secondo alcune fonti supererebbe le 400 persone, tra occidentali e lavoratori algerini. Dopo aver più volte minacciato l’uccisione dei prigionieri – i terroristi avrebbero fatto indossare ad alcuni di loro cinture esplosive –, il gruppo jihadista si è detto disposto a trattarne la liberazione con i Paesi d’origine. Chiedono però il ritiro dell’esercito algerino che da mercoledì sera circonda il sito di In Amenas. A fare da tramite tra il gruppo terroristico e le autorità di Algeri è uno dei sequestratori, Abou Al Bara, in contatto con il canale satellitare Al Jazeera, a cui ha anche riferito che due ostaggi sarebbero stati feriti dai cecchini dell’esercito.
Sempre con Al Jazeera si sono messi in contatto tre ostaggi (un britannico, un irlandese e un giapponese), che hanno chiesto l’avvio della trattativa. «La situazione sta peggiorando – affermano – e solo i negoziati potrebbero prevenire delle perdite umane». Un prigioniero di origine francese, invece, avrebbe detto al telefono al quotidiano Sud Ouest: «Veniamo trattati bene».
Giorgia Wizemann