Prima al volante, poi all’estero e ora anche al ristorante. L’Arabia Saudita sta continuando a muoversi sul sentiero di lotta alle discriminazioni nei confronti delle donne. Dopo aver abolito il divieto di guida nel giugno del 2018 e aver concesso la possibilità di spostarsi all’estero, per chi ha più di 21 anni, senza il permesso del maschio “guardiano”, il principe ereditario Mohammed bin Salman ha annunciato di aver abolito la legge che imponeva la segregazione delle donne nei ristoranti e nei luoghi pubblici

Il provvedimento –  Il governo saudita, domenica 8 dicembre, ha insomma posto fine a un altro dei vecchi tabù del Paese. Finora, ristoranti e luoghi pubblici avevano due entrate separate: una per gli uomini, un’altra per le donne e le famiglie, generalmente più defilata in nome della discrezione. La separazione tra i due sessi era anche interna, con aree apposite e delimitate da pareti divisorie o separé. Non è detto che ciò smetta di accadere. Sarà ora responsabilità dei gestori dei locali decidere se rispettare l’indicazione del governo o continuare a imporre il vecchio divieto. Più probabile che venga assecondata la politica di liberalizzazione, dal momento che erano già diversi i ristoranti che, informalmente, permettevano a uomini e consorti di sedersi allo stesso tavolo.

La politica del principe ereditario – Mohammed bin Salman, salito al vertice dell’Arabia Saudita nel 2017, sta progressivamente attuando delle aperture sociali molto ben viste dalla comunità internazionale. La prima grande svolta ci fu già nel giugno del 2018, quando venne concessa alle donne la possibilità di prendere la patente e guidare un’auto. Una storica prima volta che fece scattare un boom di iscrizioni nelle scuole guida del regno. Successivamente, nel 2019, è arrivata prima l’abolizione del permesso del “guardiano” maschile (marito, padre, fratello, anche un figlio), per consentire alle donne di viaggiare all’estero, almeno per coloro che hanno più di 21 anni, e poi dell‘obbligo di essere accompagnate da un uomo per soggiornare negli alberghi del Paese. Il taglio delle restrizioni ha riguardato anche il vestirsi: non esiste più l’obbligo di indossare l’abaya, il lungo soprabito nero. Uno dei tanti piccoli tasselli con cui bin Salman sta portando avanti la sua Vision2030, un progetto di riforme economiche e sociali per svincolare l’Arabia Saudita da un’eccessiva dipendenza dall’industria petrolifera e, soprattutto, per dare un’immagine più moderna del Paese, ispirata da un «Islam moderato e non più radicale», come dichiarò tempo fa in un’intervista programmatica all’emittente americana Cbs nel marzo 2018.

Le ombre del principe – Nonostante queste aperture legislative, al tempo stesso proseguono repressioni e condanne ai danni di movimenti femministi che denunciano l’esistenza di persistenti fenomeni discriminatori contro i diritti umani. Nel luglio 2018, una decina di attiviste sono state arrestate e si trovano ora a processo con il rischio di condanne fino a dieci anni di carcere con l’accusa di estremismo. Secondo alcune Ong internazionali, all’interno delle prigioni sarebbero inoltre sottoposte a torture fisiche e psicologiche. Ma la reputazione di Mohammed bin Salman è stata soprattutto compromessa dall’accusa di essere stato il mandante dell’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi, avvenuto il 2 ottobre 2018 nel consolato saudita di Istanbul. Sia le indagini in merito della Cia che un rapporto recente dell’Onu hanno evidenziato l’esistenza di prove credibili a sostegno di questa tesi.