Dopo l’assoluzione Asia Bibi non ha lasciato il Pakistan. Lo fa sapere il portavoce del ministro degli Esteri di Islamabad, Muhammad Faisal, smentendo le voci sulla partenza della donna assolta il 31 ottobre dall’accusa di blasfemia dalla Corte suprema. Secondo il ministro dell’Informazione Fawad Choudhry si è trattato di «notizie false», pubblicate irresponsabilmente, «senza conferme sul fatto che abbia lasciato il paese».

FAKE NEWS PERICOLOSE – Diversi media – tra cui la Bbc in lingua Urdu – hanno riportato la notizia che ha riacceso polemiche interne di ordine politico. Il partito sunnita Tehreek e Labbaik Pakistan (Tlp) aveva già minacciato forti prese di posizione nel caso in cui la 54enne avesse lasciato il Paese: «Sarà la fine del governo di Imran Khan». Il portavoce del partito Pir Ijaz ha richiamato con un tweet all’accordo stipulato il 13 ottobre, secondo il quale Asia Bibi sarebbe dovuta entrare nella lista delle persone che non possono lasciare il Pakistan.  A riferire dell’avvenuta partenza «verso destinazione ignota» alla Bbc era stato il legale della donna, Saif ul Malook, che nei giorni scorsi, minacciato di morte, è stato costretto ad abbandonare il Paese sotto scorta, transitando anche per l’Italia.
Il leader del Tlp, Pir Afzal Qadri, è poi intervenuto per far sapere che da diverse fonti gli è stato confermato che la donna si trova ancora all’interno dei confini pakistani e che «ci rimarrà fino alla presentazione della nostra petizione per la revisione della sentenza»

REAZIONI INTERNAZIONALI – Non era caduto nella trappola della notizia fuorviante il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani, che si era espresso ieri con cautela attraverso un tweet, parlando di trasferimento «in un luogo sicuro» e auspicando di incontrare la donna, insieme alla sua famiglia, alla sede dell’europarlamento. Intervenuto al congresso del Ppe a Helsinki, ha aggiunto in mattinata <<sono felice perché Asia Bibi è libera in Pakistan>>


LA VICENDA – Prima della recente assoluzione, Asia Bibi è stata detenuta in carcere in cella di isolamento per 8 anni, e ne è uscita in condizioni psicofisiche non ottimali. Il 19 giugno 2009 aveva litigato con due donne nell’azienda per cui lavorava per la diversità del suo credo religioso (cristiano). Denunciata per blasfemia, nel 2014 si erano perse le speranze di una sua possibile liberazione, dopo che la corte di Lahore, capitale del Punjiab, aveva respinto il ricorso. I familiari, in particolare il marito, hanno chiesto aiuto a diversi paesi per aiutarla a lasciare il Pakistan; tra questi l’Italia. I deputati del Pd Andrea De Maria e Ivan Scalfarotto hanno fatto sapere che oggi discuteranno alla camera una mozione «per chiedere un’azione diplomatica del governo italiano».