La bandiera delle Coree unite è bianca con la sagoma della penisola in azzurro. Sventolerà anche lei il prossimo 9 febbraio quando a PyeongChang, nel Sud, inizieranno le Olimpiadi invernali 2018. Sarà la quarta volta nella storia dei Giochi dopo Sydney 2000, Atene 2004 e Torino 2006. Il Paese del Nord del dittatore Kim Jong-un che spaventa gli Stati Uniti, Papa Francesco e il mondo intero con i suoi missili nucleari, parteciperà alla rassegna della neve insieme ai vicini di casa e storici nemici. Il Cio (Comitato olimpico internazionale) formalizzerà l’ufficialità sabato 20 gennaio in un incontro previsto a Losanna, in Svizzera: le due Coree sfileranno insieme nella cerimonia d’apertura e la squadra di hockey su ghiaccio femminile sarà composta da atlete di entrambi gli Stati.

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Non solo sport – La Corea del Nord, nella sua storia, alle Olimpiadi invernali ha vinto solo due medaglie: una d’argento e una di bronzo, nel pattinaggio di velocità e nello short track, rispettivamente a Innsbruck (Austria) 1964 e ad Albertville (Francia) 1992. Alle ultime, disputate a Sochi (Russia), non c’era. Per questo la partecipazione dei nordcoreani a PyeongChang 2018 va ben oltre il lato sportivo: non porterà medaglie, ma conferma una volta di più il senso delle Olimpiadi, nate nell’Antica Grecia con la “tregua olimpica” tra tutte le guerre. In Corea del Sud il Paese di Kim Jong-un invierà una delegazione composta da circa 500 persone: oltre agli atleti ci saranno anche dirigenti, giornalisti, una trentina di specialisti del taekwondo per una serie di dimostrazioni, 230 cheerleaders e l’orchestra di Samjiyon, 140 persone circa tra musicisti, ballerini e cantanti.

Nell’aprile 2017 le nazionali femminili di hockey su ghiaccio delle due Coree si affrontarono in una partita amichevole. Vinse il Sud 3-0.

Le questioni irrisolte – Rimangono però molti punti di domanda. Il primo riguarda gli atleti in gara: 13 saranno le giocatrici di hockey su ghiaccio che affiancheranno le 22 della nazionale della Corea del Sud, nonostante le critiche dell’allenatrice Sarah Murray: «Credo sia un danno alle nostre giocatrici che hanno guadagnato la loro occasione e credo meritino di andare all’Olimpiade. Il talento del Nord non è sufficiente per fare la differenza». Ma negli altri sport? Gli unici a essersi qualificati sono i pattinatori Ryom Tae-ok e Kim Ju-si, che si allenano in Canada, ma il comitato olimpico nordcoreano non li ha iscritti in tempo. Dovrebbero comunque poter partecipare grazie a inviti speciali (le wild card) del Cio. Per il resto, alcune fonti dal Sud parlano di un totale di 10 atleti comprendendo anche sci alpino e sci di fondo, ma la decisione spetta sempre al Cio. L’altro punto di domanda guarda al passato per immaginare il futuro: cos’è cambiato dopo le sfilate unite del 2000, del 2004 e del 2006? Concretamente nulla. E, nonostante dopo due anni di gelo siano ripartiti i dialoghi tra i due Paesi (siamo già a tre incontri in 10 giorni per la questione olimpica), i rapporti tra la Corea del Nord e quella del Sud rimangono tesi.