«Coloro che hanno condotto l’attacco che ha preso di mira membri della coalizione a guida Usa e cristiani nello Sri Lanka l’altro ieri sono combattenti dello Stato islamico». Con queste parole, in un comunicato diffuso tramite l’agenzia stampa Amaq, il gruppo terrorista Is ha rivendicato gli attentati esplosivi in Sri Lanka avvenuti nel giorno di Pasqua. Intanto si aggrava il bilancio delle vittime: 321 morti, tra cui 36 stranieri, (nessun italiano) e circa 500 feriti. Ma è ancora un bilancio provvisorio quello delle otto esplosioni suicide avvenute simultaneamente, alle 8:45, in tre hotel di lusso e cinque chiese nella capitale Colombo e nelle città di Negombo e Batticaloa. Il governo cingalese ha dichiarato lo stato di emergenza, arrestando 40 sospetti legati al gruppo islamista locale National Tawheed Jamaath.
Stato di allerta – Il Paese resta in stato di allerta dopo l’ultima esplosione verificatasi davanti alla chiesa di Sant’Antonio a Colombo il 22 aprile. Sempre nella capitale, alla stazione degli autobus, erano stati ritrovati dalla polizia 86 detonatori e un ordigno disinnescato all’aeroporto internazionale Bandaranaike Intl. Sono in corso operazioni di polizia e le indagini per l’identificazione dei responsabili sono concentrate sulla figura di uno dei sette kamikaze, Moulvi Zahran Hashim, noto predicatore filo-Isis e tra i leader del Tawheed Jamaath. Sarebbe lui la figura che collega l’azione del gruppo islamista locale alla rete terroristica internazionale coordinata dal caduto Stato Islamico in Iraq e in Siria (Isis).
Crollo della sicurezza interna – Fa discutere la posizione del governo cingalese, che non ha tenuto conto degli avvisi e dei report dell’intelligence su possibili attacchi imminenti di matrice islamica. Il New York Times scrive di lotte intestine tra i leader dei vari partiti che avrebbero portato alla disgregazione della sicurezza interna. All’indomani della strage, l’arcivescovo di Colombo Malcolm Cardinal Rajnith ha dichiarato: «Non ci capacitiamo del fatto che questi attacchi erano stati previsti da informazioni riservate. Il Primo ministro e il suo gabinetto hanno confermato l’esistenza di informazioni in questo senso. È discutibile la decisione di non agire contro questa minaccia imminente».
Il più vasto attentato jihadista in Asia – Secondo l’intelligence americana, la strage di Pasqua in Sri Lanka sarebbe il più vasto attentato jihadista mai realizzato in Asia meridionale, una regione dove il fondamentalismo è cresciuto silenziosamente, dopo gli attentati dell’11 settembre 2001 e l’ascesa dell’Isis in Medio Oriente. Come riporta La Stampa, il metodo “kamikaze” e le vittime prescelte, cristiani e occidentali, ricalcano obiettivi tipici dell’Isis. Come l’attentato del 2017, nella domenica delle Palme, ad Alessandria d’Egitto contro i cristiani copti, che aveva causato 43 morti e centinaia di feriti.
Separatismo islamico? – Come sottolinea l’analista Vivian Hagerthy, nell’articolo Terrorismo in Asia oltre il jihadismo, pubblicato l’11 dicembre 2018 sul sito dell’ISPI, i gruppi terroristi e violenti, in Asia, non sono di matrice esclusivamente religiosa. «Esiste una gamma di gruppi che vanno dai jihadisti internazionali ai musulmani separatisti – scrive Hagerthy, – usano la retorica jihadista accettando l’aiuto di gruppi jihadisti internazionali o di gruppi separatisti violenti che si identificano come musulmani». Obiettivi di questi gruppi sono il separatismo e l’etno-nazionalismo.
Una storia di tensioni minoritarie– Il nazionalismo, il separatismo e l’esclusione delle minoranze sono alcuni dei motivi che hanno scatenato la guerra civile, iniziata nel 1983 e durata 30 anni, tra la minoranza Tamil, di religione Indu, e la maggioranza cingalese-buddista. Il conflitto si è concluso ufficialmente nel 2009, con l’uccisione del leader delle tigri Tamil da parte dell’esercito cingalese. La guerra civile ha causato circa 40 000 mila morti. Lo stato di emergenza, dichiarato per la prima volta nel 1971, è stato mantenuto, a fasi alterne, fino al 2011, anno in cui l’allora presidente Mahinda Rajapksa ne aveva ordinato la cancellazione.