Nella mattina di lunedì 3 marzo ad Haifa, in Israele, un uomo  ha accoltellato diversi civili davanti alla stazione centrale di Hamifratz. Un settantenne è morto, mentre quattro feriti sono stati trasportati d’urgenza al Rambam Hospital, come riporta Al Jazeera. L’aggressore, un israeliano della comunità religiosa arabofona drusa, è stato ucciso dalla polizia ed è in corso la ricerca di eventuali complici. Nelle stesse ore, l’agenzia palestinese Wafa ha riferito di due palestinesi morti in un attacco dell’esercito israeliano a Rafah, nel sud della Striscia di Gaza, e di diversi attacchi anche nel nord, tra cui due missili sparati da un elicottero a Khan Yunis che hanno ferito tre civili. Continua a essere in bilico la fase due della tregua tra Hamas e Israele dopo che, sabato 1 marzo, i quarantadue giorni di fase uno sono decorsi senza un accordo su come procedere. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu nel pomeriggio di domenica 2 marzo ha annunciato il blocco degli aiuti umanitari nella Striscia, Hamas ha denunciato il rischio di una carestia.

Israele, proteste sotto la casa del primo ministro Nethanyahu Foto: Ansa, EPA/ABIR SULTAN

Tregua a rischio – «A Gaza non ci saranno pasti gratis. Se Hamas pensa che sia possibile continuare il cessate il fuoco o godere delle condizioni della fase A dell’accordo senza che otteniamo gli ostaggi, si sbaglia di grosso», ha detto il premier Netanyahu dopo la riunione di governo di domenica, in cui Israele ha approvato la linea suggerita dall’inviato di Donald Trump per il Medio Oriente Steve Witkoff. Il piano prevede un’estensione del cessate il fuoco a Gaza per tutta la durata del Ramadan, cominciato ieri, e poi della Pasqua ebraica, che si concluderà il 20 aprile: un altro mese e mezzo di fase uno, a condizione che Hamas rilasci già il primo giorno la metà dei 59 ostaggi rimanenti, di cui almeno 35 sono deceduti. La seconda metà verrebbe restituita il 20 aprile. Il piano è stato respinto da Hamas, che tramite il suo leader Mahmoud Mardawi ha protestato per l’assenza di trattative, per la proposta di non smobilitare le truppe israeliane dalla Striscia per altri 49 giorni e per il mancato rispetto degli accordi iniziali, insistendo che è necessario procedere con la fase due. Hamas aveva proposto un piano per il cessate il fuoco permanente che Netanyahu ha bollato come «completamente inaccettabile», ribadendo: «Il segretario di Stato Usa Steve Witkoff ha definito la sua proposta come un corridoio per i negoziati sulla fase due. Israele è pronto per questo». L’Idf da ieri ha cominciato le procedure per mobilitare 400mila riservisti. L’emittente televisiva Kan News e il quotidiano israeliano Israel Hayom, citando fonti anonime, hanno riferito di un piano segreto di Israele che prevederebbe prima il taglio di acqua ed elettricità alla popolazione della Striscia forzandone lo sfollamento, poi il ritorno alla guerra contro i vertici di Hamas grazie agli armamenti americani: lo ha riportato Al Jazeera.

Le reazioni – Gli Stati Uniti hanno dichiarato l’appoggio a qualsiasi decisione israeliana sulla questione. Come ha scritto Open, sul canale televisivo qatariota al-Arabiya Hamas ha lanciato l’appello: «Fermare l’ingresso degli aiuti significa far morire di fame i residenti della Striscia di Gaza. Deve essere presa una posizione internazionale dura per fare pressione su Israele affinché fermi tutto questo». Immediata la reazione di Egitto e Qatar, che tramite i rispettivi ministri degli Esteri hanno denunciato la condotta di Israele: entrambi hanno lamentato la «palese violazione dei diritti umani e degli accordi sul cessate il fuoco». L’Egitto domani terrà una conferenza su Gaza con i Paesi arabi e presenterà una proposta alternativa al piano Witkoff, con un’estensione della prima fase per due settimane e il rilascio di sei ostaggi, sostenendo che il rilascio di tutti debba coincidere con la smobilitazione delle truppe, come previsto dalla fase due. Israele ha smentito di aver ricevuto la proposta egiziana. Hadja Lahbib, commissaria Ue per la Crisi, ha scritto su X: «Gli aiuti umanitari, che sono incondizionati, devono continuare ad arrivare a Gaza».

Il fronte interno – Nella notte tra domenica e lunedì si sono tenute proteste di fronte alla casa del premier Netanyahu a Gerusalemme. Tra i contestatori anche le famiglie degli ostaggi, che chiedono un cessate il fuoco permanente e la restituzione di tutti i prigionieri. Yair Golan, leader del partito dei Democratici israeliani, ha detto al quotidiano Maariv che Netanyahu «tiene i cittadini israeliani costantemente sotto pressione per il proprio tornaconto personale. Secondo gli accordi si sarebbero dovuti tenere trattative per la fase due già dal sedicesimo giorno di cessate il fuoco. Israele ha sempre evitato queste trattative». La no-profit israeliana Gisha, insieme ad altre cinque organizzazioni umanitarie ha chiesto l’intervento della Corte penale internazionale per fermare «l’ennesimo crimine di guerra».