Doppio attacco di Hamas contro la «Gerusalemme occupata» dalle forze filo americane. Ossia, nel linguaggio dell’organizzazione palestinese, i militari israeliani. Un agente di polizia israeliano è stato ferito nei pressi di una porta di ingresso alla Spianata delle Moschee (Monte del tempio per gli ebrei), nella Città Vecchia. La polizia ha confermato che «Il terrorista è stato neutralizzato» mentre ancora si cerca l’attentatore che nella notte, sempre a Gerusalemme, si è lanciato in macchina contro dodici militari israeliani fermi lungo la strada, ferendoli. Hamas ha salutato il gesto avvenuto nella notte come «una risposta tangibile del nostro popolo al piano di distruzione di Trump».

L’auto usata come arma – Erano in visita nella Città Santa i dodici soldati della Brigata Golani, l’unità di combattimento numero uno d’Israele che nella notte sono stati feriti dall’auto guidata da un attentatore, secondo fonti locali, legato all’organizzazione terroristica di Hamas. I militari si trovavano in David Remez Street,  nella zona centrale di Gerusalemme nota per i locali e la movida notturna. Le reclute, non in servizio, erano in città per un viaggio organizzato dall’esercito. Un soldato ventenne, ferito gravemente, è stato portato all’ospedale di Shaare Zedek, mentre gli altri hanno riportato solo ferite lievi. Nel 2017, una pattuglia israeliana era finita nel mirino di un altro attacco con uguali dinamiche, ma conseguenze più gravi: un camioncino guidato da un arabo israeliano ne aveva feriti diciassette e uccisi cinque.

Netanyahu – Mentre in città è in corso la caccia all’uomo responsabile dell’attentato notturno, il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu ha detto : «E’ solo questione di tempo – e neppure tanto – ma prenderemo l’aggressore. Il terrorismo non ci sconfiggerà, saremo noi a vincere». Le parole del premier seguono quelle del portavoce di Hamas Hazem Qassem che, citato dai media internazionali, ha detto: « è una risposta tangibile del nostro popolo al piano di distruzione di Trump». Già nella giornata di mercoledì, Hamas aveva chiamato i palestinesi ad «aumentare i confronti con l’occupazione e i coloni». Secondo i media locali, «negli ultimi anni l’organizzazione terroristica ha utilizzato proteste civili e circa 2600 attacchi aerei, ma «Hamas, ora, sta pensando a programmare attacchi di lungo-periodo». Anche il leader del partito israeliano di centro “Blu e bianco”, Benny Gantz, come si legge su Jerusalem Post,  ha fatto sapere che «ha fiducia nelle forze di polizia» e che « al sistema del terrore non dovrebbe essere permesso di alzare la testa: non a Gaza né in Giudea e Samaria»

Antefatti –  Il «Piano di pace per il Medio Oriente» presentato a Washington dal Presidente americano Donald Trump al premier Netanyahu non è riuscito a soddisfare le aspettative dei palestinesi. La proposta di Trump prevede infatti 50 miliardi di dollari in aiuti ai palestinesi ma nega il diritto dei rifugiati al ritorno in Palestina. Tutt’altro esito invece per il primo ministro israeliano che con l’accordo otterrebbe tre vittorie importanti: il riconoscimento della sovranità israeliana sulla valle del Giordano, il riconoscimento americano di Gerusalemme come capitale dello Stato ebraico (già avvenuto) e la promessa che «la questione dei profughi palestinesi sarà risolta fuori dai confini di Israele» come ribadito da Netanyahu. Nello stato attuale, tra le questioni politiche e il crescente inasprimento delle tensioni tra forze opposte sul territorio, gli attacchi della giornata di giovedì sono solo gli ultimi di una lunga serie. Le forze di difesa israeliane, l’Idf, prima delle aggressioni di Hamas ai commilitoni avevano distrutto la casa del terrorista palestinese Hamed Kunbe, nel campo profughi di Jenin. Kunbe, membro di un commando della cellula terroristica, è il killer del rabbino e padre di sei figli, Raziel Shevach, ucciso il 9 gennaio del 2018. A scatenare la vendetta di Hamas di giovedì forse è stata proprio l’uccisione del diciannovenne palestinese che protestava contro l’abbattimento dell’abitazione di Kunbe.