
L’esplosione a Beirut in cui è morto Ebrahim Ansari, attaché culturale dell’Iran in Libano (Fonte: NYtimes)
Due esplosioni, 23 morti, uno scenario in ebollizione. A Beirut, capitale del Libano, un’autobomba e un kamikaze colpiscono i mezzi in cui transita Ebrahim Ansari, diplomatico iraniano. Assieme a lui e ad un responsabile della sicurezza, altre 22 persone vengono uccise e 143 rimangono ferite.
È successo martedì 19 novembre nella parte Sud della capitale libanese, un’area sotto il controllo degli sciiti di Hezbollah, alleati storici dell’Iran che lì manteneva la sua rappresentanza diplomatica. Diverse le ricostruzioni dell’attentato, nonostante le conseguenze, nello scacchiere mediorientale, non cambino. “L’obiettivo dell’esplosione è quello di infuocare la situazione e usare l’arena libanese per inoltrare messaggi”, ha detto il Primo ministro del Libano, Najib Mikati, commentando l’attentato. Immediata la condanna da parte di Teheran, che attraverso il suo ambasciatore a Beirut, Ghazanfar Roknabadi, ha accusato Israele di aver progettato l’attacco.
La violenza di questa mattina precede di poche ore il summit a Ginevra in cui mercoledì 20 Novembre si tornerà a discutere di nucleare iraniano, dopo che l’incontro del 10 Novembre scorso tra l’Iran e il gruppo delle cinque potenze rappresentate nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu, a cui si aggiunge la Germania, si era concluso con un nulla di fatto.
E nonostante la Francia stia giocando un ruolo di primo piano nel bloccare le ambizioni nucleari di Teheran, in linea con le posizioni dei suoi partner commerciali arabi e Israele, da parte degli Stati Uniti si leggono delle aperture più generose nei confronti del neo Presidente iraniano, Hassan Rohuani. È di oggi la notizia che da settimane la compagnia Iran Air sarebbe pronta a riaprire la tratta New York-TehEran, scomparsa dalle mappe aeree nel 1979, quando Khomeini rovesciò lo Sha e instaurò la Repubblica islamica in Iran. Un gesto che non allevierebbe le sanzioni internazionali che oggi colpiscono il Paese dei mullah, ma che potrebbe tracciare una nuova, simbolica rotta nei rapporti tra le due potenze.
Carlo Marsilli