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«I tempi e le persone sono cambiate», il premio Nobel per la Pace Aung San Suu Kyi rompe gli indugi e in un’intervista alla BBC annuncia la vittoria del suo partito nelle prime elezioni libere in Birmania da 25 anni ad oggi. La Lega Nazionale per la Democrazia (Nld) avrebbe ottenuto circa il 75% dei consensi, un grande risultato se si considera che dal 1990 il Paese era retto da un regime autoritario.

Proprio la possibilità di brogli e manipolazioni del voto da parte del regime era una delle maggiori preoccupazioni alla vigilia delle elezioni birmane. Una preoccupazione che però non sembra essersi tradotta in realtà. Secondo il capo del team di osservatori dell’Unione Europea che ha seguito il il voto, Alexander Graf Lambsdorff, «dal punto di vista della correttezza, si è svolto meglio del previsto». Il team di 150 osservatori UE ha anche rilevato come sia «necessario un percorso di ulteriori riforme per garantire elezioni davvero ‘genuine’». E anche Suu Kyi, sempre alla BBC, rileva come siano state «fondamentalmente libere, ma non eque».

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Esponenti della giunta militare al potere in Birmania dal 1990

Non a caso uno dei particolari più controversi delle elezioni nel Myanmar è il 25% dei seggi parlamentari assegnati di diritto ai militari, che controllano anche il partito al governo dal 1990. Una regola inserita nella costituzione birmana e che obbliga il partito vincitore delle elezioni ad ottenere almeno il 67% dei consensi per governare da solo. Una quota che il partito di Aung San Suu Kyi dovrebbe aver raggiunto, almeno secondo i dati, ancora parziali, diffusi dalla commissione elettorale del governo. Una lentezza nello spoglio che ha suscitato più di una perplessità. La Lega Nazionale per la Democrazia accusa il governo di ritardare di proposito la pubblicazione dei risultati e il portavoce del partito Win Htien si spinge oltre: «Forse vogliono imbrogliare».

myanmarPer l’Nld di certo rimane che il suo leader Aung San Suu Kyi non sarà presidente. Lo impedisce la stessa costituzione che assegna i seggi di diritto ai militari, in quanto madre di figli con passaporto straniero. Il premio Nobel non si è detta preoccupata di questo e ha ribadito alla BBC: «Sarò io a prendere le decisioni, qualcuno del mio partito ricoprirà la carica». Suu Kyi ha fatto anche notare come il suo Paese si sia trasformato negli ultimi anni: «Trovo che la gente adesso sia molto più politicizzata non solo rispetto al 1990, ma anche rispetto al 2012. È molto più vigile rispetto a ciò che succede – ha aggiunto la leader 70enne -. C’è stata la rivoluzione della comunicazione: tutti vanno sulla Rete e informano gli altri su quello che accade. Quindi è molto più difficile per coloro che vogliono commettere irregolarità farla franca». Pur con molti distinguo un piccolo, grande passo per la Birmania e per la democrazia.

Antonio Lusardi