Settantadue ore senza luce, 16 regioni al buio e gli ospedali che faticano a tenere in vita i pazienti. Il Venezuela è sempre più nel caos, diviso dalla guerra di potere tra Nicolas Maduro e Juan Guaidò. Nel mezzo una popolazione stremata e uno scontro che si sposta anche sui mezzi d’informazione, dopo che il senatore americano Marco Rubio, su Twitter, ha annunciato la morte di 80 neonati a Maracaibo.

Il tweet di Rubio – Notizie che rincorrono le continue smentite e il numero dei morti per “l’apagon“, il black out energetico, che sale e scende in continuazione. Il 10 marzo, a 48 ore dall’inizio della crisi, fonti locali avevano diffuso la notizia della morte di 296 persone, tra cui 80 neonati, nell’ospedale di Maracaibo. La notizia ha fatto il giro del mondo quando il senatore repubblicano Rubio l’ha rilanciata sui social media. “Se ingenti aiuti non saranno consegnati presto, il timore è che ci sarà una catastrofe senza precedenti”, ha twittato.

La smentita – Daniela Parra, presidente del Collegio di medici dello Stato di Zulia, ha smentito la strage. Stando a José Manuel Olivares, deputato, oppositore e medico, i decessi segnalati nelle regioni colpite sarebbero in tutto 21. Anche il ministro della Sanità del governo venezuelano, Carlos Alvarado, ha detto alla tv pubblica che le notizie riguardanti il grande numero di morti sono “assolutamente false” e “cercano di creare angoscia nella popolazione”. Ha inoltre aggiunto che secondo i controlli svolti dal suo dicastero il 90% delle strutture sanitarie sono dotate di generatori elettrici funzionanti da almeno due giorni.

Maduro contro Gaidò – Su fronti contrapposti i due presidenti al governo. Secondo Maduro dietro al blackout in corso ci sarebbero proprio gli Stati Uniti, che avrebbero operato un sabotaggio del governo venezuelano insieme all’opposizione. Gli fa eco il suo ministro della Comunicazione, Jorge Rodriguez, che ha accusato lo stesso Marco Rubio di aver orchestrato un cyber attacco contro la centrale idroelettrica di Guri, nello stato di Bolivar, da dove è partito tutto. Concetto ribadito nella giornata dell’11 marzo, quando lo stesso ministro ha affermato che “Il governo bolivariano ha deciso di sospendere le lezioni e le attività lavorative per sconfiggere, con la forza della verità e della vita il brutale attacco terroristico contro il popolo”.


L’autoproclamato presidente della repubblica Juan Gaidò chiede invece con insistenza lo Stato d’emergenza, e risponde a tono: “Torniamo nelle strade contro un regime corrotto e usurpatore, e non ce ne andremo finché avremo raggiunto l’obiettivo”. Sabato 9 marzo le due forze hanno organizzato due cortei di natura opposta. La tensione rimane alta.

 

Un blackout senza precedenti –  Una cosa rimane certa: il blackout venezuelano è il più lungo della storia. In tutto sono 16 gli Stati al buio dall’ 8 marzo, e sei hanno solo parzialmente l’energia elettrica. Il segno di Paese sempre più piegato che non riesce a rialzarsi. Sono esaurite le provviste, bloccati i mezzi di trasporto, fuori uso gli edifici pubblici. Sospese anche le transazioni commerciali e i pagamenti elettronici. L’assenza di elettricità finora è costata al settore privato del Venezuela oltre 400 milioni di dollari: un brutto segnale per un Paese la cui economia è al collasso. Intanto le condizioni più drammatiche si vedono proprio negli ospedali, che senza energia non possono usare i macchinari salvavita.