Il piccolo Ethan sta bene e potrà festeggiare a casa il suo sesto compleanno, mercoledì  prossimo. Dopo una settimana da incubo, è libero il bambino che era stato tenuto in ostaggio da un veterano della guerra del Vietnam in un bunker sotterraneo di Midland City, cittadina di 2300 abitanti in Alabama. La vicenda si è conclusa la sera del 4 febbraio, con un blitz organizzato dall’Fbi, durante il quale il sequestratore è rimasto ucciso. Secondo quanto riferito da un agente, Steve Richardson, è stato dato il via all’azione perché «il rapitore era armato,  nelle ultime ore le trattative si erano interrotte e la situazione rischiava di degenerare mettendo in serio pericolo la vita dell’ostaggio».

Alle 15 ora locale gli uomini dell’Hostage Rescue Team (HRT), un reparto speciale dell’Fbi dedicato alla risoluzione dei sequestri, hanno fatto irruzione nel bunker e liberato il piccolo. Lo scorso 29 gennaio, il sequestratore, Jimmy Lee Dykes, 66 anni, era salito sullo scuolabus della cittadina american. «Ci ha detto che ci avrebbe uccisi tutti», ha raccontato Terrica Singletary, una ragazzina di 14 anni che era lì, assieme ad altri 20 bambini. «L’autista gli aveva detto più volte di scendere e lui, dopo aver fatto il gesto di andarsene, si è girato, ha estratto una pistola e ha sparato all’autista. E poi ha preso Ethan».

Il rapitore aveva combattuto nella guerra del Vietnam e dopo il ritorno in patria si era trasferito in Florida. Circa un anno fa era tornato quindi nella sua terra d’origine, l’Alabama. Era un ‘survivalist’, ovvero un seguace di una setta di fanatici che crede in un complotto del governo ai danni dei cittadini e nel fatto che gli Stati Uniti siano alla vigilia di una catastrofe nucleare che provocherà scontri e violenze. Di fronte a questa apocalisse, secondo la setta, si salverà solo chi si sarà preparato per tempo. Per questo motivo Dykes, sempre più angosciato e in stato confusionale, nei mesi scorsi si era costruito un bunker nel giardino di casa, accumulando armi, cibo e ogni materiale utile a sopravvivere da solo per più tempo possibile. Nei giorni precedenti alla liberazione, l’Fbi aveva avviato una trattativa parlando con il folle attraverso un tubo di gomma lungo alcuni metri, unica via di comunicazione con l’esterno del bunker, in cui c’era apparentemente anche una tv, motivo per cui l’Fbi aveva imposto nei giorni scorsi un silenzio stampa sulla vicenda.

Maria Chiara Furlò