Sono ricominciati gli attacchi al Kurdistan. Dalla Turchia ma anche dall’Iran. I bombardamenti da parte di Erdogan rappresenterebbero una ritorsione nei confronti delle organizzazioni ritenute responsabili dell’attentato a Istanbul del 13 novembre. In risposta le milizie curde hanno lanciato missili su un villaggio turco.

Raid su Kobane – Gli attacchi aerei turchi hanno preso di mira Kobane, città siriana strategica a maggioranza curda che Ankara aveva già tentato di conquistare nel tentativo di stabilire una «zona di sicurezza» lungo la Siria settentrionale. Gli F-16 sono decollati dagli aeroporti di Malatya e Diyarbakir mentre i droni sono stati lanciati da Batman: tutti siti nel sud della Turchia. Gli obiettivi dei raid sono state le basi militari delle organizzazioni che Recep Tayyip Erdogan ritiene responsabili dell’attentato a Istanbul: il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (Pkk) e l’Unità di Protezione del Popolo (Ypg), formazione armata siriana che negli scorsi anni è stata sostenuta dagli Stati Uniti e da altri Paesi Occidentali in funzione anti-Isis. I morti sono almeno 31. I bombardamenti sono avvenuti sotto la supervisione del ministro della Difesa turco Hulusi Akar, che ha osservato le azioni di 50 aerei e 20 droni da un centro operativo. «Il nostro obiettivo è quello di garantire la sicurezza dei nostri 85 milioni di cittadini e dei nostri confini e di rispondere a qualsiasi attacco insidioso contro il nostro Paese», ha dichiarato il ministro citando il diritto della Turchia all’autodifesa ai sensi dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite. La stessa Turchia ha poi pubblicato la foto di un caccia F-16 con la frase: «È l’ora della vendetta! I furfanti sono chiamati a rispondere dei loro attacchi a tradimento».

La reazione – Le milizie curde continuano a rispondere ai bombardamenti. I curdi hanno attaccato sparando cinque razzi che hanno colpito Karkamis, villaggio turco della provincia di Gaziantep, al confine tra Turchia e Siria. Ci sarebbero almeno tre morti.

Il Kurdistan è un altopiano, politicamente diviso fra gli attuali stati di Turchia (nord-ovest) , Iran (nord-est), Iraq (sud) e, in minor misura, Siria (sud-ovest) e Armenia (nord) (fonte: Flickr)

Attacchi dall’Iran – Ci sono stati dei raid anche sul Kurdistan iracheno: l’Iran ha lanciato missili e droni contro gruppi d’opposizione curdi, colpendo le basi del Partito democratico del Kurdistan iraniano (Pdki). Il gruppo stesso ha riferito che missili terra-terra e droni hanno colpito le sue basi e gli adiacenti campi rifugiati a Koya e Jejnikan, e ha dichiarato che è stato colpito anche un ospedale. «Questi attacchi indiscriminati si stanno verificando in un momento in cui il regime terroristico dell’Iran non è in grado di fermare le manifestazioni in corso nel Kurdistan iraniano», ha sottolineato il Pdki.

Un Paese incompiuto – Il Kurdistan non è solo conteso dalla Turchia. È uno Stato incompiuto: quattro bandiere, nessuna lingua ufficiale, nessuna religione unica. «The World’s next country» come l’ha definito l’autorevole Foreign Policy.