Primi soccorsi dopo le esplosioni

Il giorno dopo l’attentato alla maratona del Patriots Day, in quello che doveva essere un giorno di sport e di festa, Boston è ancora sotto choc: “Ha avvolto in una nube l’evento per tutti”, dice al New York Times Maureen Tighe, che abita nel nord della città, “non credo che sarà più lo stesso”.

Sono tre i morti causati lunedì dalle bombe esplose durante la gara maratona, e tra loro c’è un bambino di 8 anni. I feriti sarebbero invece 144, 23 dei quali in gravissime condizioni, mutilati o in coma. L’attentato è avvenuto ieri alle 14.50 circa, ora locale (le 9 di sera da noi): i due ordigni erano posizionati vicino al traguardo, poco prima della centralissima Colpey Square. La Boston Marathon è una di quegli eventi che attirano appassionati da tutto il mondo: ieri i partecipanti erano 23 mila e i tre quarti di loro erano già arrivati alla fine quando è scattato il detonatore della prima bomba, a quattro ore dall’avvio della gara. Il dispositivo era nascosto in Boylston Street, lungo l’ultima parte del tracciato, probabilmente in un cestino dei rifiuti di fronte alla biblioteca cittadina. Appena 12 secondi dopo, la seconda esplosione, duecento metri più indietro: schegge e fumo, vetri rotti; seguono urla e scene di panico tra la folla di spettatori e corridori. Uno di loro che aveva appena tagliato il traguardo, Roupen Bastajian, racconta che “c’erano persone ovunque per terra”. I soccorritori raggiungono subito feriti, alcuni dei quali hanno perso una gamba o un braccio. Circa trenta persone vengono portate in ospedale in codice rosso. “È quella carneficina che ti aspetti di vedere in guerra”, ha commentato il capo del pronto soccorso del Massachusetts General Hospital, dove sono stati portati 22 di loro.

Intanto scatta l’allarme bomba e si controllano le zone limitrofe e altri obiettivi sensibili. Vengono evacuati gli Hotel Mandarian e Lenox, che si trovano sulla via, per la voce di pacchi sospetti al loro interno, e la città viene chiusa tra Berkeley Street e Massachusetts Avenue, da Newbury Street a Huntington Avenue, per circa tre isolati. Agli spettatori alla tv viene detto di stare a casa.

Nelle ore seguenti si è parlato poi di una terza bomba alla JFK Library di Boston, cosa che poi è stata smentita, ma pare invece confermata la presenza di altri ordigni inesplosi e disinnescati, forse cinque. Città come Washington o New York hanno alzato il livello di sicurezza. L’FBI ha preso il comando delle investigazioni in serata. Richard DesLauriers, agente speciale del dipartimento di Boston, ha parlato di una “potenziale indagine terroristica”. In assenza di rivendicazioni, si pensa a una matrice islamica o della destra fondamentalista, anche se l’America si è recentemente abituata alle stragi provocate da gesti insani di provati cittadini. I sopraluoghi nella città continuano: nella mattinata di oggi si sta controllando un punto sospetto in Harvard Square, presso l’università.

Gli italiani che erano volati in città per la maratona erano circa trecento: il Console Generale, Giuseppe Pastorelli, conferma l’assenza di vittime del nostro Paese.

Eva Alberti