Nuovi guai per Boris Johnson. La Commissione Elettorale del Regno Unito ha aperto un’indagine sui lavori di ristrutturazione del suo appartamento al n. 11 di Downing Street, dove vive con la fidanzata Carrie Symonds. Per finanziarli avrebbe usato fondi del Partito Conservatore, violando il codice ministeriale. Il Primo Ministro dichiara di aver pagato di tasca propria, anche se si sospetta un prestito di 58mila sterline (circa 70mila euro) da parte di David Brownlow, esponente dei tories. L’inchiesta farà luce sul caso: Johnson rischia di dover restituire l’intera somma, oltre a pagare una multa di 20mila sterline. Intanto a lanciare le accuse c’è anche Dominic Cummings, il suo ex braccio destro, estromesso lo scorso novembre dalla compagna del premier, la stessa che avrebbe voluto la costosa ristrutturazione dell’appartamento.

Boris Johnson mentre si reca in Parlamento per rispondere delle accuse a suo carico. Foto EPA/VICKIE FLORES

L’indagine – Nella seduta della Camera dei Comuni del 28 aprile, il leader laburista Keir Starmer ha incalzato Johnson sulla provenienza del denaro per i lavori. «Il governo è impantanato nel sudiciume, nel clientelismo e nello scandalo», ha dichiarato. Tra i particolari emersi sembrerebbe che il Primo Ministro abbia usato come decorazione carta da parati dorata, da 800 sterline a rotolo. Il costo totale delle ristrutturazioni arriverebbe a 200mila sterline. Per questo tipo di spese ha il diritto di riceverne 30mila l’anno. Johnson, a giudicare dalle fotografie paonazzo e furioso come non mai di fronte a Starmer, non ritiene di aver fatto nulla di sbagliato: «Ho coperto io tutti i costi, in piena conformità con i codici di condotta; inoltre i funzionari mi hanno dato pieno supporto». A confermarlo anche il Cancelliere dello Scacchiere Rishi Sunak, peraltro suo vicino di casa. I dubbi, tuttavia, riguardano i costi iniziali dei lavori. Per quelli Johnson avrebbe ricevuto un prestito: dovrebbe appunto trattarsi delle 58mila sterline del conservatore Brownlow. «Ci sono elementi ragionevoli per pensare che ci sia stata un violazione», dicono i portavoce della Commissione Elettorale, che ha il compito di vigilare sulla politica finanziaria del Regno Unito. Il protocollo prevede che ogni donazione o prestito vada dichiarato e poi reso pubblico. Cosa che il premier non ha fatto; alla domanda di Starmer, ha sorvolato sulla questione. Sulla stessa lunghezza d’onda il segretario alla Salute Matt Hancock: «I media dovrebbero concentrarsi sulle cose davvero importanti».

L’ingresso dell’appartamento di Boris Johnson a Downing Street. EPA/ANDY RAIN

La vendetta – «Quello che ha fatto Johnson è privo d’etica, folle e potenzialmente illegale». A gettare ancor più benzina sul fuoco c’è Dominic Cummings, l’ex consigliere politico del leader conservatore. Sul suo blog spiega come la controversa ristrutturazione dell’appartamento di Downing Street sia tra i motivi della loro separazione: «Johnson ha smesso di parlarne con me nel 2020, dopo che ho criticato la sua scelta di usufruire di donatori segreti. Mi sono rifiutato di aiutarlo a organizzare i pagamenti. Sarò felice di aiutare la Commissione Elettorale con tutto quello che so». Cummings, architetto della Brexit, afferma inoltre di avere in mano numerose registrazioni che comprometterebbero la posizione del Primo Ministro. Secondo Luigi Ippolito, corrispondente da Londra per il Corriere della Sera, sarebbe al servizio di Michael Gove, di fatto vice premier, che punterebbe a scalzare Johnson da Downing Street.

L’imprevisto – Quest’ultimo scandalo arriva come un fulmine a ciel sereno. Nelle ultime settimane l’immagine di Boris Johnson si era riabilitata grazie ai successi nella campagna vaccinale e nel contenimento della pandemia. Un gradimento aumentato ancora di più dopo la ferma opposizione al progetto Superlega. Ma questa vicenda, bollata dall’entourage del premier come becero «gossip», ha già fatto scendere la popolarità dei conservatori dal 45 al 40 per cento. Non il massimo, con una tornata di elezioni amministrative il prossimo 6 maggio.