Sedie vuote, sale d’attesa deserte, pazienti che devono segnare sul calendario l’unico giorno della settimana in cui un medico potrà prendersi cura di loro. La prima crisi del Brasile populista di Jair Bolsonaro si gioca nel campo della sanità: il ritorno in patria di più di 8mila medici cubani che lavoravano nel gigante sudamericano, dipeso dalla postura ostile del neo-presidente nei confronti del governo comunista dell’isola caraibica, ha provocato un vuoto di figure professionali che rischia di compromettere il diritto alla salute di oltre 28 milioni di persone, soprattutto nei villaggi brasiliani più remoti. Una situazione di emergenza che potrebbe precipitare, se l’esecutivo di Bolsonaro non riuscirà a contenere l’emorragia il prima possibile.
La strategia politica – Dopo la sua elezione avvenuta lo scorso ottobre, il presidente del Brasile ha dato avvio alla sua politica muscolare di confronto diretto con Cuba, che insieme al Venezuela rappresenta uno degli ultimi baluardi della sinistra dittatoriale in America Latina. La sua strategia è stata quella di chiedere la modifica dell’accordo Mais médicos, firmato nel 2013 dagli allora presidenti Raul Castro e Dilma Rousseff per permettere a molti medici formati a Cuba di lavorare in Brasile in cambio di entrate economiche importanti per il Paese caraibico. Bolsonaro ha chiesto di rivedere il trattato per garantire ai professionisti cubani l’intero salario (una parte veniva trattenuta in favore del governo cubano) e condizioni di espatrio favorevoli per le famiglie. Per tutta risposta, Cuba ha ordinato il rientro di 8517 medici impiegati nelle aree più povere del Brasile, che di punto in bianco si sono trovate sprovviste di assistenza sanitaria.
Cuba pulled out their doctors who had provided services to millions of Brazilians when Bozo won. He promised to replace them, magicking them up from thin air.
It seems that these magic doctors haven't arrived in a puff of smoke quite yet. https://t.co/SLxT27JJGW #maismedicos
— BrazilCalling (@BrazilCalling) June 12, 2019
Nessun sostituto – L’idea di Bolsonaro era quella di rimpiazzare i medici cubani con un piano di assunzioni di professionisti brasiliani. Ma la strategia non ha funzionato: secondo i dati di fine aprile riportati da O Globo, in 1200 città su 2800 in cui lavoravano i medici cubani (42%) c’erano ancora posti offerti liberi. Quando c’erano i dottori caraibici, questa statistica ammontava al 23%. In pochi mesi, è quasi raddoppiata. Il problema colpisce soprattutto le regioni della costa, con interi villaggi nel nordovest e nel nordest del Paese completamente privi di assistenza medica. In molti tra i beneficiari iniziali del programma di assunzioni hanno rinunciato prima di entrare in carica: tra questi, più di 800 se ne sono andati per fare studi di specializzazione.
Fine di una cooperazione – Con la crisi dei medici, non solo si innesca un problema deleterio per la presidenza populista di Bolsonaro, ma viene meno anche uno dei migliori risultati di un’integrazione regionale debole e che procede a singhiozzo da decenni. In particolare, i programmi di assistenza medica, ambito in cui Cuba è un’eccellenza in tutta l’America Latina, permettono al Paese caraibico di rafforzare le finanze dello Stato e uscire da una situazione di isolamento emisferica che dura dai tempo della rivoluzione di Fidel Castro. L’alleanza tra i due Paesi, che era stata possibile quando in Brasile c’era una presidenza di sinistra, sta venendo meno per via della virata a destra di Bolsonaro, e le conseguenze della mancanza di dialogo sono nefaste per entrambi.