Boris Johnson indica la via a Theresa May. Dopo la sonora bocciatura del primo piano del governo per la Brexit, l’ex ministro degli Esteri spinge il primo ministro a riprendere le trattative con l’Unione Europea per ottenere una «clausola di libertà» sul meccanismo del backstop. Il possibile ritorno dei controlli al confine tra Irlanda del Nord e Irlanda è uno dei temi più caldi del confronto tra Regno Unito e Bruxelles. Non a caso la sconfitta in Parlamento di martedì 15 gennaio era arrivata anche per i contrasti su questo punto. La speranza di Londra è quella di evitare il ripristino di una frontiera rigida e permettere all’Irlanda del Nord di rimanere nel mercato comune europeo e nell’unione doganale anche dopo l’uscita dalla Ue.

La ricetta di Johnson – L’apertura e il sostegno di Johnson, che a luglio 2018 si era dimesso dalla carica di ministro per la linea morbida di May sulla Brexit, arrivano in un editoriale per il quotidiano britannico Daily Telegraph. Citando «fonti accreditate», Johnson afferma che il primo ministro sarebbe pronto a tornare a trattare. «Se ci proviamo davvero, sono sicuro che l’Ue ci concederà la clausola di libertà di cui abbiamo bisogno», sottolinea, aggiungendo che il backstop sarebbe la «morte». In caso di un nuovo e positivo accordo con l’Ue sulla frontiera irlandese, Downing Street otterrebbe il sostegno dei britannici per Johnson: «Se il primo ministro porterà a casa quella modifica, sono certo che avrà tutto il Paese dietro di lei».

Il piano “B” – Tutto questo arriva alla vigilia di un nuovo voto a Westminster su alcuni emendamenti al piano “B” di May. È in questo passaggio che il primo ministro potrebbe ottenere più potere per dialogare con l’Unione Europea. Nel caso la Camera dei Comuni votasse ancora contro il backstop, potrebbe far valere la volontà del suo Parlamento nella nuova trattativa. Il conservatore Graham Brady spera di ottenere sostegno al suo emendamento che propone misure alternative per evitare il ritorno di un “hard border”, una frontiera con controlli doganali. Altri emendamenti mirano a prevenire il no deal, l’uscita del Regno Unito senza un accordo entro il termine ultimo del 29 marzo. Il più importante è quello firmato dalla laburista Yvette Cooper e dal conservatore moderato Nick Boles, i quali propongono di far slittare la scadenza per l’uscita se il nuovo piano del governo non dovesse trovare la maggioranza entro il 26 febbraio.

Il silenzio di Bruxelles – Se sul fronte interno ci si ricompatta, da Bruxelles non arrivano aperture. Qualche giorno fa con una telefonata il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker aveva garantito al premier irlandese Leo Varadkar «piena solidarietà» e «stretta cooperazione» anche per «intensificare i preparativi nelle prossime settimane per un no-deal» sulla Brexit. Non proprio un segnale confortante per Londra.