È stata presentata a notte fonda e all’ultimo minuto l’offerta finale degli europei a Theresa May. Brexit rinviata di 6 mesi fino alla mezzanotte del 31 ottobre, la notte di Halloween e delle streghe. La May ha accettato ma non senza dubbi su alcune condizioni poste dai capi di Stato europei. C’è voluta un’ora di telefonata tra Bruxelles e Londra. Poi l’11 aprile il governo di Sua Maestà ha accettato il nuovo termine, scongiurando per ora lo spettro del no deal che si sarebbe automaticamente materializzato all’alba del 12 aprile.

Il summit speciale – Dopo un pre-summit organizzato dal premier belga, Charles Michel, nel tardo pomeriggio del 10 aprile iniziano i lavori della sessione plenaria del Consiglio, con tutti i 28 membri. La premier britannica, nel suo tailleur royal blue, ribadisce la richiesta – avanzata nella seconda lettera a Tusk – di modificare l’articolo 50: rinviare per la seconda volta la Brexit, fino al 30 giugno, per dar tempo a Westminster di approvare un accordo. Gli europei accettano la proroga ma non i tempi: giugno è un termine troppo ravvicinato e creerebbe problemi per le elezioni europee del prossimo maggio. I capi europei, che fino a pochi giorni fa non volevano il rinvio (se non in caso di nuovo referendum o nuove politiche), sono stati rassicurati dal possibile accordo tra la May e il leader dell’opposizione laburista Jeremy Corbyn. La maggioranza dei capi europei propone però una long extention, fino a dicembre 2019 o addirittura marzo 2020. A questi si oppone duramente Macron: «L’accordo è il miglior compromesso», ribadisce il premier francese, ma concedere troppo tempo ai britannici darebbe al Regno Unito una possibilità indebita di influire su alcune decisioni europee di primaria importanza.

Il compromesso: la “flextention” – Il compromesso tra i Ventisette (nella fase finale la premier britannica è stata invitata a lasciare la riunione) arriva dopo la mezzanotte: estensione fino al 31 ottobre, lo stesso giorno dell’insediamento del nuovo esecutivo comunitario, che così non avrà al suo interno un commissario inglese. In questo modo si evita anche che gli europarlamentari britannici prendano parte al voto sul bilancio dell’Unione europea 2021-2027, appuntamento decisivo per l’Europa che sarà. Resta il fatto che se il Regno Unito non sarà riuscito ad approvare un accordo entro le prime 3 settimane di maggio, dovrà partecipare alle elezioni europee. Con una clausola di revisione: se non voterà, il 1 giugno sarà automaticamente fuori, con o senza accordo. In tal modo, qualora i britannici non votino ma poi restino in Europa minacciando il no deal, si evita che venga messa a rischio la legalità del nuovo Parlamento che per legge deve rappresentare tutti i suoi partner. Ovviamente se Westminster troverà un accordo per portare a casa la Brexit, potrà farlo in qualsiasi momento prima di ottobre.

La situazione nel Regno Unito – È l’una di notte quando gli europei fanno la proposta. May si chiude con i suoi, sente le forze politiche di Londra e dopo un’ora accetta. Oggi terrà una statement alla Camera dei Comuni per aggiornare i suoi connazionali. A casa la premier britannica non trova una situazione favorevole: il governo è spaccato in due tra pro Europa e coloro che spingono per una hard Brexit e no deal; specialmente nel partito della May i nazionalisti, che da mesi cercano di affossarla, preferirebbero il collasso di dogane, commercio ed economia in cambio della “loro libertà”, come riportato dal Financial Times. La May è stata costretta a cercare un accordo con Corbyn, leader dell’opposizione: entrambi infatti sono favorevoli a una soft brexit, ovvero uscire dell’Ue ma restando nella Custom Union (l’unione doganale). Ma anche il partito di Corbyn è diviso tra soft brexiteers e remainers che chiedono il secondo referendum. Anche per questo le trattative procedono a rilento. Sicuramente dopo questo rinvio i brexiteers accuseranno la May di essersi di nuovo piegata a Bruxelles, ma per lei poteva andare molto peggio: una long extention avrebbe causato una rivolta nel partito conservatore.

Le dichiarazioni  Durante la conferenza stampa finale Donald Tusk (il presidente del Consiglio Europeo) e Jean-Claude Juncker (il presidente della Commissione Europea) hanno spiegato i termini dell’accordo. «Speravo in un rinvio più lungo, ma questo tempo è comunque abbastanza per trovare una soluzione. Non sprecate questo tempo supplementare», ha ammonito il polacco. «È probabile che il Regno Unito parteciperà alle elezioni europee, potrà sembrare strano ma è così. Sono le regole, dura lex sed lex», ha aggiunto Juncker.