Nella tarda serata di domenica 25 novembre 2018 il Consiglio europeo ha approvato la bozza definitiva dell’accordo sulla Brexit, l’uscita del Regno Unito dalla Ue. Ora tocca al Parlamento britannico approvare a sua volta l’accordo, ma il verdetto della camera dei Comuni di Londra non è affatto scontato.

L’accordo – Il documento finale, uscito dalle lunghe trattative fra Unione Europea e Regno Unito iniziate dopo il referendum che nel 2016 ha approvato l’uscita di Londra dalla Ue, ha ricevuto ieri la conferma finale da parte del Consiglio Europeo, l’assemblea dei 27 capi di Stato e di governo della Comunità, con l’ovvia esclusione della premier britannica Theresa May, comunque presente per discutere gli ultimi dettagli. Vengono accettate molte richieste di Bruxelles, come la tutela degli oltre 3 milioni di cittadini europei residenti in Gran Bretagna e il pagamento dei 39 miliardi di sterline che Londra aveva impegnato nei programmi comuni prima del referendum. Fondamentale per la pace è l’intesa raggiunta sul confine tra Irlanda ed Irlanda del nord, la cui chiusura totale avrebbe riacceso le tensioni placatesi soltanto a fine anni Novanta. Secondo l’accordo, il Regno Unito rimarrà nell’unione doganale europea finché non si sarà trovata una soluzione comune al problema irlandese, mantenendo quindi le frontiere aperte.

La furia dei Brexiteer – Proprio la permanenza del Regno Unito nell’unione doganale, per la questione nord-irlandese e non solo, ha scatenato le reazioni dei Brexiteer, i politici inglesi fermi sostenitori di un’uscita totale  dall’Europa. Considerano l’accordo, che di fatto mantiene l’isola legata all’Ue privandola però di ogni potere decisionale all’interno delle istituzioni di Bruxelles, un tradimento del referendum del 23 giugno 2016. Svariati parlamentari conservatori hanno già annunciato che voteranno contro l’accordo quando sarà il turno inglese di ratificarlo. Vista la stretta maggioranza di cui godono i Tories, cioè il partito conservatore che sostiene l’attuale premier May, servirà trovare l’appoggio dei partiti d’opposizione.

Voto inglese e conseguenze – Attorno al 10 dicembre il parlamento di Westminster dovrà votare la ratifica o meno dell’accordo con l’Unione europea. È già dato per certo che diversi parlamentari euroscettici dell’attuale maggioranza voteranno contro, giudicando l’accordo troppo favorevole all’Europa e troppo stretti i legami che rimarranno fra Londra e Bruxelles. Per May sarà difficile però anche ricevere l’aiuto delle opposizioni. Indipendentisti scozzesi e liberali, i partiti più europeisti, potrebbero giudicare l’accordo comunque troppo duro e insistere sulla linea di un ritorno totale del Regno Unito nell’Ue, abbandonando i progetti di Brexit. Per quanto riguarda il principale partito di minoranza, i laburisti di Geremy Corbyn, non è affatto chiara la loro posizione sull’intera questione.
In caso di approvazione inglese, a gennaio l’accordo sarà ratificato dai singoli governi europei e dal Parlamento europeo. Quindi la Brexit sarà sospesa fino al 2020 e ci saranno due anni per formalizzare in ogni dettaglio l’accordo di massima raggiunto in questi giorni. In caso di accordo respinto da Westminster, non è sicuro cosa accadrà. Potrebbero esserci le dimissioni di Theresa May e la nomina di un nuovo premier conservatore, si potrebbe andare a nuove elezioni (le terze in 4 anni), si mormora perfino di un secondo referendum. L’ipotesi peggiore sarebbe una hard Brexit il 29 marzo 2019 senza nessun tipo di accordo, dalle conseguenze imprevedibili.