È ancora in corso a Minneapolis il processo a Derek Chauvin, il poliziotto che ha soffocato lo scorso maggio l’afroamericano George Floyd, premendogli il ginocchio sul collo per poco meno di dieci minuti. L’evento ha provocato proteste su scala internazionale. Dimostranti in tutto il mondo si sono schierati accanto al movimento Black Lives Matter, e il tema delle violenze della polizia statunitense a sfondo razziale è ritornato prepotentemente nel dibattito pubblico, e istituzionale, come non si vedeva da tempo. Ieri, a Brooklin Center, cittadina di 30.000 abitanti nel Minnesota, a pochi chilometri da Minneapolis, Daunte Wright, 20 anni e padre di una bimba di due, è stato ucciso dalla polizia con un colpo di pistola.
Lo stop al posto di controllo, poi la sparatoria – «Gli avevamo dato 50 dollari per andare a lavare la macchina che aveva appena ricevuto in regalo», racconta il padre di Daunte, al Washington Post. Appeso allo specchietto retrovisore, il ragazzo aveva agganciato un deodorante per l’auto, ma la polizia lo ha fermato perché secondo gli agenti poteva ostruire la visuale di guida. Erano le 13.40 dell’11 aprile. Con lui c’era la fidanzata. Gli agenti hanno chiesto i documenti e controllato l’identità dei ragazzi. E sul nome di Daunte compariva un mandato d’arresto.
«Mi ha chiamato intorno alle 13.40, chiedendomi una mano per i documenti dell’assicurazione», racconta la madre Kate Wright, la prima ad identificare il corpo del figlio, in una diretta Facebook. «Ho sentito un poliziotto intimargli di buttare via il telefono. Poi gli ha gridato: “Daunte, non scappare”». Quello che è accaduto dopo lo descrive in un comunicato lo stesso dipartimento di polizia di Brooklin Center: la vittima avrebbe tentato di fuggire quando gli agenti hanno scoperto che sul suo nome pendevano precedenti giudiziari. Daunte, secondo le ricostruzioni, sarebbe riuscito a guidare per qualche minuto dopo essere stato colpito. Poi si è fermato scontrandosi con un’altra vettura e sarebbe morto all’istante.
Ancora scontri a Minneapolis – L’annuncio ha scatenato le proteste: intorno alle 20.30, centinaia di manifestanti si sono riversati nelle strade diretti alla centrale di polizia, al grido di “Black lives Matter” e “Say his name, Daunte Wright”. Come è accaduto in seguito all’uccisione di George Floyd, alle rimostranze pacifiche e alle manifestazioni di lutto – candele e canti funebri sono stati intonati da parenti, amici, ed esponenti della comunità afroamericana – si sono accompagnati fenomeni di vandalismo e violenza: più di 25 negozi nella zona, secondo quanto riporta il New York Times, sono stati saccheggiati e devastati; agli spari a vuoto dei più facinorosi la polizia ha ribattuto lanciando del gas lacrimogeno e sparando a sua volta a salve. «Qui come a Minneapolis, i rapporti tra forze dell’ordine e afroamericani si giocano sul filo del rasoio» ha commentato un consigliere comunale, mentre il sindaco di Brooklin Centere, Mike Elliot, ha provato a smorzare la tensione: «La sparatoria avvenuta oggi a Brooklin Center è tragica. Chiediamo che le proteste rimangano pacifiche e che sia evitato l’uso della forza», ha twittato ieri notte. Scontate invece le reazioni delle organizzazioni antirazziste, tra cui l’ACLU Minnesota (American civil liberties union of Minnesota): «C’è un forte rischio che il deodorante appeso allo specchietto retrovisore sia stato solo un pretesto per fermare la macchina», si legge in un comunicato