La pandemia non ferma l’indipendentismo catalano. Le elezioni concluse domenica 14 febbraio nella regione autonoma disegnano un Parlamento molto simile a quello uscente, sanciscono l’affermazione delle forze indipendentiste moderate nei palazzi di governo, ma anche l’entrata per la prima volta dell’ultradestra di Vox.
Il Coronavirus ha frenato la partecipazione alle urne: poco più del 53% dell’elettorato ha espresso una preferenza, circa il 24% in meno rispetto al 2017. E a ricevere il maggior numero di voti è stato il Partito socialista catalano guidato da Salvador Illa, ministro della Sanità del Governo centrale. Il Psc ora deve allearsi con le altre forze di sinistra per formare la maggioranza in Parlamento. Resta però percorribile la via del blocco indipendentista guidato dal presidente ad interim uscente Pere Aragonès.
I numeri delle elezioni – Dei 135 seggi disponibili, il Psc ne ha conquistati 33 (nel 2017 ne aveva ottenuti 17), affermandosi così come il primo partito catalano, e il più votato con il 23% delle preferenze. Al secondo posto si piazza la Esquerra Republicana de Catalunya (Erc). Presieduta da Oriol Junqueras (ancora in carcere per il referendum illegale e la dichiarazione di indipendenza del 2017), ha presentato come candidato il presidente uscente Pere Aragonès che ha ottenuto il 21,3% dei voti, aggiudicandosi, come il Psc, 33 seggi. L’esule Carles Puigdemont, guida di Junts per Catalunya, presentando l’accademica Laura Borràs ottiene il 20% di voti. La formazione dalla più forte spinta separatista ottiene così 32 seggi (2 in meno rispetto al 2017), mentre la terza forza indipendentista, ovvero Candidatura d’Unitat Popoluar (Cup), ne ottiene 9.
Un risultato storico è stato ottenuto da Vox. Forza populista di estrema destra guidata da Santiago Abascal, entra per la prima volta in Parlamento con ben 11 seggi (quarta forza) arrivando quasi all’8% di voti. 8 seggi sono stati conquistati da Catalunya Ecp.
Coalizione di sinistra, o blocco indipendentista? – Ora la Catalogna si trova di fronte un bivio: tentare una colazione di sinistra, o raggruppare le forze indipendentiste. Sulla carta, il Psc se affiancato da Erc e Catalunya Ecp può arrivare a quota 74 seggi, ottenendo quindi la maggioranza in Parlamento. L’ostacolo più grande che si presenta all’inizio di questa possibile strada di Governo sono le dichiarazioni di Erc che aveva già rifiutato questa ipotesi in campagna elettorale. Prende invece quota la seconda opzione. Sembra possibile un blocco indipendentista moderato guidato da Erc. Attenuando la via secessionista dura di Junts e alleandosi con Cup, si potrebbe avviare una politica di dialogo con il presidente Sanchez che porti a un referendum concordato con il Governo centrale di Madrid.
Essere presidente in Catalogna – Le elezioni per questo 13° Parlamento regionale sembrano proseguire sulla strada intrapresa negli ultimi anni. Gli eventi che hanno portato al voto nel dicembre 2017 sono ben impressi nella memoria degli spagnoli, separatisti e non. Come dimenticare il referendum promosso dall’allora presidente della Generalitat de Catalunya Puigdemont. Annunciato il 9 giugno 2017, il premier assicurava al popolo catalano che si sarebbe tenuto il 1° ottobre dello stesso anno e che avrebbe avuto valore vincolante anche qualora non avesse raggiunto il quorum. Nei primi giorni di settembre il Parlamento autonomo approvò la legge che istituiva il referendum, ma subito arrivò l’alt da Madrid. L’allora presidente spagnolo Mariano Rajoy ordinò il sequestro delle schede elettorali e l’arresto delle personalità che più si stavano battendo per quel referendum considerato illegale. Furono in 14 a finire dietro le sbarre. Tra politici e funzionari pubblici venne arrestato anche Junqueras, cosa che non gli sta impedendo di guidare l’Erc. Puigdemont riuscì invece a fuggire, e ora è esule in Belgio. Non è stata più felice l’esperienza di Joaquim ‘Quim’ Torra. Eletto nel 2018, dopo che Rajoy aveva sciolto il Governo Puigdemont, viene inabilitato per disobbedienza dopo appena 2 anni di mandato. L’accusa mossa dalla Corte Suprema spagnola fu quella di aver violato il principio di neutralità durante la campagna elettorale nel dicembre 2017, che lo ha visto vincitore, affiggendo su degli edifici dei nastri gialli. Interpretato come una presa di posizione a favore dell’esule Puigdemont, venne condannato il 28 settembre 2020 a un anno e mezzo di interdizione dai pubblici uffici.