Mai prima d’ora un numero tanto elevato di migranti era entrato irregolarmente nei confini della città autonoma di Ceuta in così poco tempo. Per il quotidiano spagnolo El Pais è la crisi «più grave» affrontata dal primo ministro di Spagna Pedro Sánchez dal 2018, quando è salito al governo. 8mila migranti che in meno di 48 ore hanno raggiunto l’enclave spagnola in territorio marocchino, una delle frontiere dell’Unione europea. Nel corso degli anni, Madrid ha sempre cercato di ostacolare il flusso migratorio con la collaborazione delle autorità marocchine, aiutandosi anche con un muro di 20 metri e barriere subacquee. «Voglio comunicare agli spagnoli che ristabiliremo l’ordine con la massima celerità. L’integrità di Ceuta come parte della nazione spagnola sarà garantita dal governo con tutti i mezzi disponibili», ha dichiarato Sanchez. Già 5600 migranti sono stati rimandati indietro, alcuni dei quali volontariamente e la crisi sembra ormai rientrata. Si discute sul ruolo, su quanto è ac caduto, del leader del Fronte Polisario Brahim Ghali.

Il soccorritore Juan Francisco fotografato mentre salva un neonato in mare (Guardia Civil)

L’intervento spagnolo – Si parla di intere famiglie, giovani uomini e almeno 1500 minori che a nuoto o in piccole imbarcazioni sono riusciti a superare il confine che separa il Marocco da Ceuta. Numeri che, per una città che conta poco più di 80mila abitanti, hanno causato diversi problemi di accoglienza. Un’operazione simile è stata tentata anche a Melilla, l’altra enclave spagnola in Marocco, da parte di circa 100 migranti. A quella che secondo la ministra della Difesa spagnola Margarita Robles non è altro che «un’aggressione», Sanchez ha reagito andando a Ceuta in prima persona per fare pressioni sul governo marocchino e inviando sul posto soldati e mezzi blindati. Militari impiegati per controllare la situazione  respingere e se del caso soccorrerli in mare, come testimoniato dalla foto che ha fatto il giro del mondo di Juan Francisco della Guardia Civil che salva un neonato in acqua. Tuttavia, secondo le informazioni ottenute dall’Agenzia di stampa spagnola EFE, molte espulsioni sarebbero state compiute ai limiti della legalità, senza dare la possibilità ai migranti di fare richiesta di asilo o di un’altra forma di protezione internazionale, come è invece previsto dalla Convenzione europea dei diritti umani. Come riporta El Pais, sono centinaia i bambini ancora fermi alla frontiera in una specie di limbo poiché non possono essere rimpatriati come gli adulti.

Il ruolo del Fronte Polisario – Le motivazioni di questa ondata improvvisa sembrano essere due episodi della storia recente che hanno in comune un personaggio: Brahim Ghali. Il 74enne segretario generale del movimento nazionalista Fronte Polisario che da più di 40 anni si batte contro il governo marocchino, anche con le armi, per ottenere l’indipendenza del territorio del Sahara Occidentale, ex colonia spagnola abitata dalla popolazione saharawi. Malato di Covid-19, Ghali ha raggiunto Ceuta nei giorni scorsi per essere ricoverato, forse con l’appoggio dell’Algeria. Per Mohammed VI, re del Marocco, è l’uomo che rappresenta l’ultimo ostacolo al suo Paese per ottenere definitivamente quel territorio sahariano così ricco di minerali che si affaccia sull’oceano. In aggiunta a questo, a novembre Marocco e Fronte Polisario hanno interrotto un cessate il fuoco che era durato quasi trent’anni. Secondo El Pais, anche l’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha ricoperto un ruolo chiave nella vicenda. A dicembre ha riconosciuto la sovranità del Marocco su quell’area occidentale del Sahara, riaccendendo quindi le proteste di Ghali. Da allora, Mohammed VI ha intensificato la pressione sulle istituzioni europee per il riconoscimento della sovranità. Tuttavia, per l’ONU il Fronte Polisario è rappresentante legittimo del popolo saharawi, posizione condivisa dalla Spagna. «Ci sono azioni che hanno delle conseguenze», ha detto l’ambasciatrice marocchina a Madrid Karima Benyaich. Intanto, le autorità spagnole hanno riaperto le indagini su Ghali, accusato di presunte torture e maltrattamenti.

Ritratto ufficiale di re Mohammed VI di Marocco (Wikimedia Commons)

Non è la prima volta – Un atteggiamento permissivo del governo marocchino verso i migranti era stato già riscontrato altre volte, spesso con l’obiettivo di esercitare pressione sulle autorità spagnole o europee. Nell’agosto 2014, ad esempio, le autorità marocchine avevano favorito la partenza di oltre 3mila migranti che volevano attraversare lo stretto di Gibilterra perché la Guardia Civil spagnola aveva fermato la nave del re marocchino Mohammed VI per un controllo di routine. Questa volta, sostiene il quotidiano madrileno El Pais, la voce che la polizia marocchina fosse «insolitamente passiva» circolava già dal fine settimana. Tra i due Paesi c’è un accordo sull’immigrazione che prevede l’impegno del Marocco a limitare l’accesso a Ceuta e Melilla. La questione della sovranità delle due città torna ciclicamente nei rapporti tra i due Stati. Sono entrambe sotto il controllo spagnolo, poiché la prima fu ceduta dal Portogallo nel 1415 e la seconda venne occupata nel 1497 durante la Reconquista. Molto tempo prima della nascita del Regno del Marocco, avvenuta solo nel 1956, che ne reclama il possesso perché all’interno del proprio territorio.

La posizione europea e italiana – Questa nuova crisi è stata discussa anche nel Parlamento europeo. La commissaria degli Affari interni della Commissione Ue, Ylva Johansson, ha ricordato che «le frontiere spagnole sono le frontiere europee» e ha richiamato il Marocco ai suoi doveri di presidio delle uscite irregolari dal paese e di assicurarsi che «chi non ha diritto a rimanere venga espulso in maniera ordinata ed efficace». L’Ue non «si lascerà intimidire da nessuno» ha ribadito il vicepresidente della Commissione europea Margaritis Schinas, la quale ha poi dichiarato alla radio spagnola che «l’Europa non sarà vittima di tattiche». A Bruxelles è arrivato nelle scorse ore il segretario del Pd Enrico Letta per confermare il sostegno al governo Draghi e per sollecitare l’Europa che «deve darsi strumenti efficaci per far fronte a una situazione emergenziale. Gli Stati da soli non bastano». Matteo Salvini e Giorgia Meloni, invece, plaudono alla scelta spagnola di schierare i militari.