«Gli Stati Uniti devono unirsi al tavolo di pace tra le due Coree il prima possibile». È chiaro il messaggio mandato l’8 marzo dal ministro degli Esteri cinese Wang Yi a Donald Trump. Le Olimpiadi invernali di Pyeongchang hanno rasserenato il clima tra Corea del Nord e del Sud, e Pechino vuole approfittare di questo momento di distensione per allontanare il più possibile l’idea di un conflitto nucleare tra Stati Uniti e Corea del Nord.
La trattativa – La strategia cinese per risolvere i problemi della penisola coreana è quella della “doppia sospensione”: niente esercitazioni tra Usa e Corea del Sud lungo il 38esimo parallelo e stop ai test nucleari nordcoreani. Un progetto irrealizzabile fino a qualche mese fa, diventato un’ipotesi concreta nelle ultime settimane. Soprattutto dopo la due giorni degli inviati speciali del presidente sudcoreano Moon Jae-in alla corte di Kim Jong-un. Una missione diplomatica che ha ottenuto un risultato «eccezionale», almeno secondo i sudcoreani. Kim avrebbe aperto a un dialogo con Washington, mettendo sul tavolo il do ut des: denuclearizzazione in cambio di garanzie di sicurezza. Per celebrare l’accordo, il leader di Pyongyang ha promesso di incontrare il presidente sudcoreano Moon Jae-in ad aprile, nel villaggio di Panmunjom, al confine tra le due Coree.
Usa prudenti – I diplomatici sudcoreani hanno riferito l’esito del loro incontro direttamente al Presidente degli Stati Uniti. Donald Trump, secondo l’agenzia stampa Reuters, avrebbe definito «sincero» l’atteggiamento di Kim Jong-un. Ma Washington rimane cauta, perché non è la prima volta che il dittatore nordcoreano cambia radicalmente la sua strategia. Si spiega così la dichiarazione inusuale del ministro degli Esteri cinese. Pechino finora ha agito da regista occulto dell’operazione diplomatica di distensione tra le due Coree: poche dichiarazioni e molto lavoro dietro le quinte. In vista c’è una guerra dei dazi con Washington ma la Cina non vuole che si disperda il grande lavoro fatto finora. Per questo chiede agli Stati Uniti di non perdere tempo, ma unirsi subito al tavolo delle trattative «quanto prima piuttosto che dopo».