Adesso, in Cina, aumenta a tre il limite massimo di figli per coppia . L’annuncio è stato pubblicato dall’agenzia di stampa Xinhua, di fatto portavoce del governo, e arriva dopo un incontro dell’ufficio politico del comitato centrale del Partito comunista cinese, presieduto dal leader Xi Jinping. È una nuova svolta nelle politiche demografiche del Paese, cinque anni dopo l’introduzione del tetto di due figli per coppia, che aveva posto fine all’obbligo del figlio unico in vigore dal 1979. «Rispondere all’invecchiamento della popolazione e preservare le vaste risorse umane della Cina», questi gli obiettivi della misura, come riporta sempre Xinhua. La decisione non sorprende: i dati dell’ultimo censimento decennale hanno mostrato una crescita degli abitanti così bassa come non la si vedeva dagli anni ’60. Quando la Cina, guidata da Mao Tse Tung, era nel pieno di una carestia da dieci milioni di morti.

Il censimento – I dati dell’ultimo censimento, pubblicato l’11 maggio, riguardano il decennio 2010-2020. In questo periodo la popolazione è arrivata a 1,4 miliardi, con un tasso di crescita annuo dello 0,53 per cento, poco inferiore allo 0,57 per cento del 2000-2010. Più significativo il calo dei nuovi nati, pari al 15 per cento di media annua: nel 2020 sono stati 12 milioni, contro i 14,65 del 2019. Il tasso di fertilità si è attestato a 1,3 nascite per donna nell’ultimo anno, uguale a Italia e Giappone. E come in questi Paesi, preoccupa l’invecchiamento della popolazione: gli over 65 sono passati dall’8,9 per cento del 2010 al 13,5 per cento del 2020. «Il numero di donne in età fertile sta diminuendo», ha detto Ning Jizhe, Direttore dell’Istituto nazionale di statistica della Cina, «Si tende a posticipare la gravidanza e crescere un figlio sta diventando sempre più costoso».

Le cause – Nel 2016 il governo cinese era già intervenuto per ridare slancio alla crescita di popolazione, permettendo alle coppie di avere fino a due figli, anziché uno solo. Per i primi due anni la svolta aveva prodotto un timido rialzo, ma il calo è poi ripreso. Segno che dietro la situazione attuale ci sono numerosi problemi strutturali. All’elevato costo della vita, soprattutto nelle grandi città come Shanghai e Pechino, si aggiunge una scarsa mobilità sociale, ulteriore deterrente per chi vorrebbe mettere su famiglia. I giovani risentono poi di una forte pressione all’autorealizzazione, che li porta a concentrarsi solo sulla propria carriera. A soffrire sono soprattutto le donne. Molte vengono discriminate sul posto di lavoro durante la gravidanza; inoltre i fondi pubblici per crescere i figli sono di fatto insignificanti. In un sondaggio dell’agenzia Xinhua, in cui veniva chiesto chi avrebbe voluto tre figli, 29.000 persone sulle 31 mila interpellate hanno scelto l’opzione «Non ci penserei mai».

Il tetto sulle nascite – La politica del figlio unico, introdotta nel 1979 nel programma di riforme di Deng Xiaoping, ha inciso sui problemi attuali, creando uno scarto di di quasi 40 milioni tra la popolazione maschile e quella femminile (723 milioni contro 688 milioni). Una diretta conseguenza della pratica degli aborti selettivi innescata dalla decisione del governo, che ebbe come conseguenza anche l’omicidio delle neonate. A questo punto ci si chiede se non convenga rimuovere del tutto il tetto sulle nascite, dopo aver introdotto politiche adeguate per incentivarle. Su questo il governo cinese preferisce comunque essere cauto, a causa delle grandi differenze tra aree urbane e rurali: qui si avrebbero famiglie molto più larghe, come da tradizione. Così si accentuerebbe però la già elevata povertà delle campagne e, come possibile effetto, si teme un aumento di pressione demografica sulle città. Per adesso, la Cina ha dunque preferito alzare il tetto.