Pochi giorni, quattro per l’esattezza. È il tempo che sembra separare Xi Jinping dalla conquista di un posto in prima fila nella storia della Repubblica Popolare Cinese. È iniziato l’8 novembre, a Pechino il sesto plenum del Partito Comunista: un’assemblea annuale dell’elité politica del Paese, mai così importante come quest’anno. Come riporta l’agenzia di stampa Xinhua, verrà infatti pubblicata una risoluzione «sui principali risultati e sull’esperienza storica» del partito, che compie peraltro 100 anni. Prima di Xi, gli unici a rilasciare questo documento furono Mao nel 1945 e Deng Xiaoping nel 1981. Mettersi in scia a figure di tale calibro è un atto di forza non da poco all’interno degli equilibri del partito: il Segretario Generale guarda soprattutto al congresso del Pcc di fine 2022. «Questa risoluzione servirà a dargli la spinta decisiva verso la probabilissima riconferma nel suo ruolo al vertice del Paese», spiega Lorenzo Lamperti, direttore editoriale dell’agenzia China Files.

Il plenum – L’assemblea plenaria del Partito Comunista Cinese, che si svolge a porte chiuse, ha sede a Pechino e durerà quattro giorni. Oltre al leader Xi Jinping, partecipano i quasi 400 funzionari del Comitato centrale. La risoluzione storica sarà la terza di sempre. Un evento dai precedenti notevoli. Nel 1945 Mao se ne servì per autoproclamarsi unico leader del partito e lanciarsi verso la presa di potere, avvenuta nel 1949. Nel 1981 fu invece la volta di Deng Xiaoping, che condannò l’operato del “Grande Capo” per aprire una nuova stagione di riforme e apertura al mondo, rivelatasi illusoria con il senno di poi, come ha testimoniato il disastro di Piazza Tienanmen del 1989. «Elevandosi ufficialmente allo status di Mao e Deng, Xi vorrebbe sigillare il compimento di una terza Rivoluzione», spiega Lamperti. «Con lui c’è stato un ritorno della retorica del “Timoniere“, con l’obiettivo di farlo entrare nell’alveo dei grandi eroi della patria».

I risvolti pratici – La risoluzione non arriva per caso. Tra un anno, al congresso del Pcc, si voteranno le cariche di Segretario Generale e di Presidente della Repubblica Popolare. Posizioni che Xi sembra comunque avere già in pugno. Per lui si prospetta dunque un terzo mandato. Tuttavia non è escluso che dal plenum scaturiscano nuovi scenari: il leader del Paese potrebbe ristabilire la figura di Presidente del Partito Comunista, abolita dal 1982. Si tratta di un ruolo di supervisione al di sopra delle cariche politiche, grazie al quale manterrebbe una presenza a tempo indeterminato nella scena pubblica cinese aggirando i mandati presidenziali. Il comando del Pcc andrebbe dunque a un’altra persona, il cui peso sarebbe comunque residuale. «Creare una nuova posizione renderebbe più accettabile la sua leadership anche al di fuori della Cina, ma per ora si resta nel campo delle speculazioni», puntualizza Lamperti, «Di certo il plenum ribadirà ancora di più forza la presenza di Xi nel partito, a prescindere dal tipo di carica che avrà nei prossimi cinque anni».

I malumori – A una simile esaltazione del potere di Xi Jinping, fanno da contraltare diversi malumori da parte dell’opinione pubblica del Paese. Il dissenso riguarda soprattutto le politiche anti-Covid, con rigidi lockdown uniti a razionamenti di carburante e generi alimentari per azzerare del tutto il numero dei contagi, cui la popolazione sta diventando sempre più insofferente. La rivista Caixin, non allineata al Partito sebbene Twitter la definisca un «media di stato cinese», ha sostenuto in un recente articolo che «le falle sulla politica di zero contagi rischiano di far affondare la grande nave del Paese». A questo si aggiunge lo scandalo riguardante il vicepremier Zhang Gaoli, denunciato per abusi sessuali dalla tennista Peng Shuai. «La figura di Xi tra la popolazione mostra qualche incrinatura, anche se il consenso rimane alto, specie dopo la stretta ai colossi privati», precisa Lamperti. Il plenum, in ogni caso, si concentrerà sul definire gli equilibri interni del partito. «È un appuntamento storico, retorico e narrativo», conclude Lamperti, «Quel che è certo, è che non è aperto a rimostranze dall’esterno».