Le Farc, il più numeroso gruppo ribelle di sinistra in Colombia, hanno presentato le loro proposte per regolamentare la produzione di droga nel Paese sudamericano. Il piano è parte dei colloqui di pace che l’organizzazione sta conducendo da più di un anno con il governo colombiano a l’Avana.
Il traffico di droga è la principale fonte di finanziamento dei guerriglieri, che punterebbero a «regolare la produzione di coca, papaveri da oppio e marijuana» con l’obiettivo di aiutare i coltivatori a far crescere volontariamente colture alternative. La Colombia, assieme al Perù e alla Bolivia, è uno dei primi tre produttori mondiali di coca, la materia prima per la raffinazione della cocaina.
Nel Paese fiorisce inoltre la coltivazione della marijuana e si produce eroina in quantità limitata.
Il governo ha speso milioni di dollari cercando di sradicare le coltivazioni illecite, e in Colombia secondo le cifre ufficiali si sarebbe registrato un calo del 25 per cento nella produzione di coca tra il 2011 e il 2012.
Le Farc, però, la pensano diversamente. Il divieto e la distruzione delle piantagioni non sarebbero la via giusta da seguire, perché ai coltivatori occorre fornire «alternative legali». Da qui la proposta di regolamentazione, secondo un piano di natura volontaria e collaborativa, finalizzato a garantire ai contadini un reddito sufficiente e migliori condizioni di vita. Senza contare la possibilità di utilizzare le droghe per scopi terapeutici e per la produzione di medicinali.
Nei Paesi vicini, del resto, sono già stati compiuti dei passi in queste direzioni. In Bolivia la coltivazione di coca in piccole quantità è diventata legale, mentre rimane vietata la raffinazione della cocaina; e a dicembre l’Uruguay ha votato per legalizzare il commercio di marijuana, primo Paese al mondo ad assumere una decisione del genere.
Davide Gangale