«Un misogino controllato da remoto da Viktor Orbán»: così l’eurodeputata Emma Fourreau, del gruppo The Left, ha definito l’ungherese Olivér Várhelyi, commissario uscente per l’allargamento e la politica di vicinato e ora candidato per una nuova posizione alla prossima Commissione Ue. Várhelyi non ha ricevuto il via libera della commissione parlamentare competente per ottenere la delega a Salute e Benessere degli animali, dopo un colloquio durato più di tre ore. Dovrà ora prepararsi a un nuovo esame, ma questa volta nella forma di domande scritte.
A condannare Várhelyi non sono soltanto le passate frizioni con i membri del Parlamento europeo (li definì «idioti» da un microfono lasciato accidentalmente acceso) o la sua vicinanza al premier ungherese Viktor Orbán. Ad alimentare lo scetticismo di Socialisti, Popolari e Liberali sono soprattutto le posizioni su aborto e diritti riproduttivi del politico ungherese. Nonostante si sia accreditato come «alleato delle donne», ha affermato che l’interruzione di gravidanza non è argomento di competenza dell’Unione europea: dichiarazione che ha irritato quei gruppi parlamentari che ad aprile hanno votato per inserire l’aborto nella Carta dei diritti fondamentali.
È la prima bocciatura in sedici audizioni ascoltate finora dai membri del Parlamento europeo, chiamati a giudicare i profili dei commissari designati dalla presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, confermata per un secondo mandato. Sembrava essere a rischio anche la nomina della popolare svedese Jessika Roswall: è bastato che il Ppe minacciasse di ritirare il sostegno alla liberale belga Hadja Lahbib per sbloccare la situazione. Superato l’impasse, le due si candidano a diventare rispettivamente le nuove commissarie all’Ambiente e per la Gestione delle crisi.
L’accordo raggiunto tra i gruppi politici fa ben sperare anche per la nomina dell’italiano Raffaele Fitto a vicepresidente esecutivo con delega alla Coesione e alle riforme. Un eventuale bocciatura del ministro del governo Meloni, infatti, innescherebbe la reazione dei conservatori di Ecr, pronti a porre un veto sulla socialista spagnola Teresa Ribera, a sua volta in lizza per la vicepresidenza.
Fitto sarà sentito dagli eurodeputati il 12 novembre, ultimo giorno di audizioni. Mentre la composizione definitiva della nuova Commissione europea sarà votata nella seduta plenaria del Parlamento tra il 25 il 28 novembre. Si prospetta un esecutivo a forte trazione Ppe, con quattordici popolari tra i commissari (più la presidente), cinque liberali, quattro socialisti, un rappresentante a testa per Ecr e Patrioti e un indipendente. A essere premiati sono soprattutto i paesi dell’Est – con portafogli di peso nell’ambito della difesa e della politica estera – e quelli del Sud, a cui sono state assegnate molte materie economiche. Appare tuttavia evidente l’impronta della presidente von der Leyen: una larga coalizione che unisce due rami opposti del Parlamento escludendo gli estremi, con un’unica leader a tenere insieme le fila.