A 278 giorni dall’invasione russa, la guerra in Ucraina sta entrando in una nuova fase. Più lenta ma non meno complicata. Le truppe russe si stanno riposizionando nell’est del Paese, negli oblast occupati che Putin considera territori non negoziabili. Quella che si sta delineando è una guerra di posizione in stile novecentesco condita dai pesanti attacchi alle infrastrutture strategiche che stanno lasciando al freddo e al buio i cittadini ucraini. Zelensky, su Telegram, mette in guardia sul rischio di nuovi attacchi missilistici. Nel frattempo, iniziano a scarseggiare le munizioni occidentali, con il rischio che la resistenza militare di Kiev si indebolisca.

Tank in Donbass (Ansa)

Il punto militare – Il centro del conflitto è tornato ad essere il Donbass, la regione da anni contesa tra russi e ucraini. Da quando Putin ha ordinato la ritirata da Kherson, bombardata 30 volte solo nell’ultimo giorno (come riferito dal capo della regione Yaroslav Yanushevich), le truppe si stanno riposizionando e presto saranno raggiunte dai 100 mila mobilitati che stanno terminando gli addestramenti. Secondo fonti ucraine, i russi starebbero per lasciare anche Zaporizhzhia, ma Mosca smentisce. Quella che sembrerebbe delinearsi è una guerra statica, da trincea, ma anche i centri urbani continuano a essere coinvolti.  A Bakhmut, ad esempio, una cittadina del Donbass dove prima del conflitto vivevano 70.000 persone, continuano gli episodi di violenza da parte dei mercenari russi della Wagner. Secondo gli analisti l’obiettivo dello stallo sarebbe di “stabilizzare il fronte”, in attesa di una nuova offensiva in primavera. In questo senso, il fango, rallentando l’avanzata di Kiev, è un prezioso alleato di Putin.

Il rischio di nuovi attacchi aerei – Un altro protagonista del conflitto è il freddo. Da una parte il congelamento del fronte in Donbass, dall’altra i tentativi del Cremlino di lasciare il Paese al freddo distruggendo le infrastrutture energetiche ucraine. I raid delle settimane scorse hanno privato di luce e riscaldamento gran parte del Paese, ora in parte ripristinati, in un periodo in cui le temperature vanno spesso sotto lo zero. Anche per questo ci si aspettano nuovi attacchi aerei. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky mette in guardia su questo rischio: «Sappiamo che i terroristi stanno preparando nuovi attacchi e che, finché avranno i missili, non si fermeranno. La prossima settimana può essere dura come quella passata».

Scarseggiano le munizioni – Insieme al fango e al freddo, le autorità ucraine temono anche di non avere sufficienti rifornimenti militari: secondo fonti citate dal New York Times, gli alleati occidentali non riescono più a garantire, quantitativamente e qualitativamente, l’aiuto che hanno fornito finora. I 40 miliardi spesi dalla Nato per finanziare la resistenza di Kiev sono stati fondamentali per la tenuta dell’Ucraina. La carenza di munizioni potrebbe ora rallentare l’avanzata nei territori occupati. Per dare un ordine di grandezza, «un giorno di guerra equivale a un mese di quella in Afghanistan», afferma al Nyt Camille Grand, esperta di difesa presso il Consiglio europeo per le relazioni estere. Le produzioni occidentali non riescono ora a garantire una quantità di rifornimenti militari pari a quelli consumati. Anche per questo gli Stati Uniti hanno aperto un centro riparazioni in Polonia. Gli alleati non sono più in grado di inviare Himars e Javelin, munizioni e obici. Per questo la Nato sta sostituendo i moderni apparati con altri più vecchi. Dagli Usa alla Gran Bretagna, dai baltici alla Polonia, i Paesi che più si sono esposti nell’aiuto a Kiev sono quelli che si stanno avvicinando prima al livello critico delle riserve.

Il supporto italiano – Secondo fonti Nato sentite dal Nyt, l’Italia sarebbe uno dei pochi Paesi ancora in possesso di risorse per sostenere nell’immediato Kiev. Nei magazzini ci sarebbero riserve non più in servizio: sistemi contraerei Aspide e Sidam, cannoni semoventi M109, obici Fh70, carri armati Leopard e missili Tow. Il sesto decreto interministeriale per l’invio di armi in Ucraina era stato predisposto già dal governo Draghi e spiccava l’ipotesi di un invio congiunto italo-francese della batteria terra-aria Samp-T, una moderna contraerea capace di scudare tutta la capitale.