Foto di gruppo dei leader mondiali all’apertura dei lavori (EPA/KHALED ELFIQI)

La Cop27 di Sharm El-Sheik si è aperta nel segno delle inadempienze. Uno studio del sito specializzato Carbon Brief riportato in esclusiva dal Guardian ha rivelato che Stati Uniti, Canada, Australia e Regno Unito hanno disatteso la loro quota (fair share) di finanziamenti ai Paesi in via di sviluppo stabilita alla Cop15 del 2009. Gli accordi prevedevano che i Paesi più ricchi versassero ai più poveri 100 miliardi di dollari all’anno entro il 2020; gli Stati Uniti avrebbero dovuto versarne 40 miliardi. Al 2020 i Paesi in via di sviluppo hanno ricevuto appena il 19% di quanto avrebbero dovuto.

Risarcimenti dovuti – La loss and damage finance (perdite e danni legati al clima) è uno dei temi centrali di questa Cop. Già nel 1992 i Paesi più ricchi e industrializzati, elencati nell’Annex II, si erano impegnati a sostenere economicamente i Paesi che subivano le maggiori conseguenze della catastrofe climatica pur avendo impattato molto meno sulle emissioni di CO2. Questo con la doppia valenza di risarcimento e aiuto allo sviluppo di un’industrializzazione meno inquinante. Gli Stati che rientrano nell’Annex II erano allora responsabili per il 46% delle emissioni: questo dato, al 2020, è sceso solo al 40%. Nel 2009 la decisione di fornire annualmente i 100 miliardi di dollari: ogni Paese avrebbe versato una “giusta quota” in proporzione al proprio impatto sull’ambiente. Secondo il report di Carbon Brief è però improbabile che si arrivi a versare tutti i miliardi previsti entro il 2023. Per quanto non ci siano dati ufficiali sulle cifre precise di quanto ciascun Paese ha fornito, si è visto lo scarso apporto degli Stati Uniti, storicamente responsabili del 56% delle emissioni, e di Canada e Australia, che hanno versato solo 1/3 di quanto dovuto, mentre il Regno Unito si è fermato a 3/4. Altri Paesi, come Giappone, Germania e Francia, hanno invece pagato più della loro giusta quota; anche l’Italia ha versato quasi un miliardo di più.

Raddrizzare il tiro – Molte delle aspettative con cui si era chiuso la Cop26 di Glasgow sono già state ridimensionate: l’obiettivo di mantenere l’innalzamento delle temperature sotto la media di 1,5° rispetto all’età pre-industriale è stato sostituito con un tetto di 2°. Al momento, secondo la WMO (World Meteorological Organization) ci troviamo di fronte a un aumento di 1,15°. Nel 2021 l’annuale incremento nella concentrazione di metano è stato il più alto mai registrato. In Pakistan, le piogge da record in luglio e agosto hanno causato gravi alluvioni e impattato su almeno 33 milioni di abitanti. Un altro obiettivo riguarda direttamente la riduzione dei gas serra e la facilitazione dell’impiego di energie rinnovabili: la crisi energetica attuale e la guerra in Ucraina sono due fattori che concorrono a rallentare il processo. All’apertura dei lavori, il presidente egiziano Al-Sisi ha fatto un appello alla fine del conflitto.

India – Per questo diventa ancora più rilevante il rispetto del terzo punto in agenda, gli aiuti finanziari ai Paesi in via di sviluppo a supporto della loro transizione ecologica. Il ministro dell’Ambiente indiano Bhupender Yadav ha presentato ai delegati arrivati al Padiglione a Sharm El-Sheik il programma LiFE – Lifestyle For Environment, lanciato in ottobre. Ha dichiarato che il suo Paese «lavorerà per progressi sostanziali nella discussione sulla finanza climatica e nell’introduzione di nuove tecnologie e di nuove collaborazioni per facilitare lo scambio tecnologico», riporta l’ANSA, ed è quindi chiaro il suo interessamento all’applicazione della loss and damage finance, di cui beneficerebbe. Stando a IndiaSpend, sito di analisi sull’economia e politica indiana, nel Paese negli ultimi quattro anni è stato registrato un aumento del 55% delle morti legate al caldo.