FILE - In this June 23, 2016, file photo, people watch a TV news channel airing an image of North Korea's ballistic missile launch published in North Korea's Rodong Sinmun newspaper at the Seoul Railway Station in Seoul, South Korea. North Korea on Monday, March 6, 2017, fired "several" banned ballistic missiles that flew about 1,000 kilometers (620 miles) into waters off its east coast, South Korea's military said, an apparent reaction to huge military drills by Washington and Seoul that Pyongyang insists are an invasion rehearsal.(ANSA/AP Photo/Ahn Young-joon, File) [CopyrightNotice: Copyright 2016 The Associated Press. All rights reserved. This material may not be published, broadcast, rewritten or redistribu]

Un’altra “bomba” esplode nel Sud-est asiatico, sempre per opera della Corea del Nord. Stavolta non si tratta di un missile, come quelli lanciati il 6 marzo verso il Mar del Giappone. Ma di un clamoroso provvedimento del governo di Pyongyang. Il ministro degli Esteri ha comunicato che i cittadini della Malesia dovranno rimanere in Corea del Nord finché non sarà risolta «in modo imparziale» la vicenda dell’omicidio di Kim Jong-Nam, il fratellastro del dittatore nord coreano. La notizia arriva in un momento di forti tensioni che coinvolgono molti Stati asiatici: le due Coree, il Giappone e la Cina, che si scambiano minacce incrociate. E alla finestra ci sono gli Stati Uniti di Donald Trump, in attesa di capire come muoversi in uno scenario sempre più complesso.

Scontri – La tensione tra Nord Corea e Malesia è altissima dal 13 febbraio scorso, quando Kim Jong-Nam, fratellastro del dittatore Kim Jong-Un, è stato ucciso all’aeroporto malese di Kuala Lumpur. Una vicenda intricata, e non priva di risvolti economici. Le autorità malesi hanno ipotizzato che dietro l’omicidio ci fossero i servizi segreti nordcoreani: Kim Jong-Nam viveva da tempo in esilio e non era ben visto in patria. Ma il governo di Pyongyang ha smentito la ricostruzione, accusando gli investigatori locali. Nei giorni scorsi, Malesia e Corea del Nord avevano espulso i reciproci ambasciatori. Ora lo scontro fra i due Paesi compie un salto di qualità. Dopo la comunicazione della Nord Corea, il premier malese Najib Razak ha dichiarato in una nota che i cittadini malesi in Nord Corea sono «ostaggi», e ne ha chiesto l’«immediato rilascio». Nel frattempo, anche i cittadini nordcoreani residenti in Malesia non potranno lasciare il Paese. Razak ha convocato d’urgenza il Consiglio di sicurezza nazionale, che si riunirà nelle prossime ore: «Proteggere i nostri cittadini è la mia priorità e non esiteremo a prendere tutte le misure necessarie in caso di minaccia», ha concluso il premier malese.

epa05832458 North Korea's ambassador to Malaysia, Kang Chol (R), reacts while leaving the North Korean embassy in Kuala Lumpur, Malaysia, 06 March 2016. Others are not identified. Malaysia's government said on 04 March it would expel North Korea's Ambassador to Malaysia who has been declared 'persona non grata' and was ordered to leave the country within 48 hours, after he said Malaysia's investigation into the murder of Kim Jong-nam could not be trusted. Kim Jong-nam, a.k.a. Kim Chol, was attacked by two women with chemical sprays at a Kuala Lumpur airport on 13 February. According to authorities, the police are seeking arrest for a senior official at the North Korean Embassy in connection to the assassination of Kim. EPA/FAZRY ISMAIL

L’ambasciatore della Nord Corea, Kang Chol (a destra), ha lasciato Kuala Lumpur lo scorso 6 marzo


Mar del Giappone –
Il blocco dei cittadini malesi segue i quattro missili lanciati il 6 marzo dalla Corea del Nord: tre di questi sono caduti nel Mar del Giappone. L’ennesima provocazione militare, che ha innescato una serie di reazioni. Giappone e Corea del Sud hanno condannato il test, mentre Donald Trump (che in campagna elettorale si era detto disposto a incontrare Kim Jong-Un) ha dichiarato che il lancio di missili è «una seria minaccia» e «una chiara violazione» delle risoluzioni Onu. Per il governo nordcoreano, l’operazione è stata una risposta alle esercitazioni navali congiunte di Stati Uniti e Sud Corea. Ma il timore degli americani è che il test sia un ulteriore passo verso la preparazione di un missile intercontinentale con capacità nucleare. Nel discorso di fine 2016, infatti, Kim Jong-Un aveva annunciato che un nuovo, grande ordigno sarebbe «all’ultimo stadio della preparazione». Come riporta il Corriere della Sera, ogni esercitazione permette di raffinare la tecnologia dei lanciatori mobili e dei motori dei missili. Kim Jong-Un potrebbe avere a breve gli strumenti per ordinare un attacco contro l’area della Corea del Sud in grado di causare un milione di morti; o addirittura, potrebbe entrare in possesso di un lanciatore con sufficiente potenza per colpire il suolo americano.

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Scudo –
Dopo il lancio dei quattro missili, il Ministero della Difesa americano ha annunciato l’invio in Corea del Sud delle primi componenti di un sistema di protezione: il cosiddetto scudo “Thaad” (Terminal High-Altitude Area Defense) che dovrebbe neutralizzare le testate nordcoreane dirette verso il territorio di Seul. Ma ecco che sulla scacchiera interviene anche la Cina: un portavoce del ministero degli Esteri ha dichiarato che il governo cinese «si oppone fermamente» al progetto, e che Pechino «prenderà sicuramente le misure necessarie» per salvaguardare i propri interessi di sicurezza. «Tutte le conseguenze» ricadranno su Usa e Sud Corea, ha aggiunto. Uno scenario da Risiko, che però si svolge nel mondo reale. E la prossima settimana, il Segretario di Stato Usa Rex Tillerson dovrebbe volare in Asia per una serie di incontri: si parla anche di un appuntamento col Presidente cinese Xi Jinping per preparare la futura visita a Washington. In un momento del genere, la travagliata amministrazione Trump non può permettersi passi falsi.