Non sono bastate le scuse pubbliche. La presidente sud coreana Park Geun-hye, lambita dalle accuse di corruzione a una sua stretta collaboratrice, ha preso la sua decisione e darà le dimissioni il prossimo aprile. Non ha neanche atteso l’esito del voto parlamentare, previsto il prossimo 9 dicembre, sulla mozione di impeachment nei suoi confronti. Park ha espresso la volontà di fare un passo indietro dopo essersi confrontata con i vertici del suo partito, il Saenuri. Secondo quanto riporta l’agenzia di stampa coreana Yonhap, sono almeno una quarantina i deputati dissidenti che considerano la posizione della presidente insostenibile e che sarebbero disposti  a votare a favore dell’impeachment proposto dalle opposizioni.

Scelta obbligata per Park Geun-hye, la cui popolarità era precipitata sotto il 4 percento, dopo lo scandalo che l’ha travolta e che ha coinvolto anche grandi aziende coreane tra cui il colosso dell’elettronica Samsung. La vicenda ruota attorno alla figura di Choi Soon-Sil, stretta amica della presidente, soprannominata la “sciamana” o la “Rasputin coreana” per la sua forte influenza sulla Park. Su di lei pendono gravi accuse tra le quali corruzione, estorsione e appropriazione indebita.

Secondo gli inquirenti coreani, Choi avrebbe avuto accesso a documenti segreti o riservati e avrebbe fatto pressione sulla presidente e sul suo staff per conseguire vantaggi economici personali, costringendo alcune importanti aziende nazionali, come la Samsung e la Hyundai, a finanziare le sue fondazioni spacciate per organizzazioni no-profit. Durante l’amministrazione Park, Choi ha accumulato enormi ricchezze, riuscendo ad ottenere dalle grandi corporations una somma che si aggira intorno ai 70 milioni di dollari.

Se venissero confermate le dimissioni della Park ad aprile, le nuove elezioni presidenziali si terrebbero a giugno, nell’arco dei 60 giorni stabiliti dalla costituzione coreana.