Aumentano i casi di coronavirus in America Latina. Secondo una statistica elaborata dall’Ansa riguardante i 34 Paesi sudamericani, il numero di contagi sarebbe passato nelle ultime 48 ore da 101.636 a 121.087 e i morti sarebbero aumentati di circa mille unità, arrivando a quota 6.116. Il Paese che registra il maggior numero di contagiati è il Brasile, dove si registrano oltre 45mila casi e quasi 3mila vittime accertate. A seguire ci sono il Perù, con quasi 20mila positivi e oltre 500 morti; il Cile, con oltre 11mila casi e 160 deceduti; l’Ecuador con oltre 10mila contagiati e oltre 500 vittime.

Il presidente Jair Bolsonaro arringa la folla nel suo ultimo comizio a Brasilia domenica 20 aprile

Il dramma brasiliano- A fare notizia sono soprattutto i numeri del Brasile. Il Paese più popoloso dell’America Latina, che conta oltre 210 milioni di abitanti, è ancora diviso sulle misure da adottare per fronteggiare il coronavirus. Il presidente Jair Bolsonaro continua a manifestare pubblicamente i suoi dubbi sulla quarantena, sostenendo la necessità di aprire le attività nel Paese che rischia una delle più gravi crisi economiche della sua storia. «L’effetto collaterale della lotta contro il coronavirus, a mio avviso, non può essere più dannoso della medicina stessa», ha dichiarato Bolsonaro nel suo ultimo comizio. Non sono dello stesso avviso i governatori degli Stati federali, che invece sostengono la quarantena per paura di dover far fronte a un’emergenza ancora più grave. A Manaus, capitale dello stato di Amazonas, si scavano fosse comuni per far fronte all’aumento del numero di morti, 166 solo negli ultimi giorni. Il sindaco della città Arthur Virgilio Neto ha dichiarato: «Questa è una calamità naturale, abbiamo bisogno di aiuto. Le terapie intensive sono ormai piene». Sono soprattutto le fasce più deboli della popolazione a rischiare di soccombere: tra questi ci sono gli indios e i 13 milioni di abitanti delle favelas, dove non esiste il distanziamento sociale e mancano i servizi igienici di base.

Il caso del Perù- Dati preoccupanti si registrano anche in Perù. Negli ultimi giorni nel Paese andino si è registrato un notevole incremento del numero dei casi, che rischia di trascinare il sistema sanitario nazionale sull’orlo del collasso. Il presidente Martin Vizcarra ha infatti annunciato che restano soltanto 140 posti letto in terapia intensiva in tutto il Paese, che potrebbero non bastare. Nonostante dal 18 marzo viga la quarantena e ci sia l’obbligo per uomini e donne di uscire a giorni alterni, i peruviani continuano a infrangere le regole: finora circa 60mila persone sono state arrestate per aver violato la quarantena. Gli aiuti stanziati dal governo, ben 26 miliardi di dollari equivalenti al 12% del PIL nazionale, non sembrano sufficienti. Infatti, molti peruviani vivono ancora in case anguste e poco igieniche e si stima che nella sola Lima ci sia un milione di persone senza acqua corrente.

Gli altri Paesi- Negli altri Stati sudamericani la situazione è appena meno grave rispetto a quella registrata a Brasilia e a Lima ma vigono le stesse norme restrittive. In Cile la quarantena è stata proclamata solo il 25 marzo, quando nel Paese si registravano già circa mille casi, ma il governo del presidente Sebastián Piñera vorrebbe già una parziale riapertura delle attività dove non si registrano casi di Covid-19. I sindacati si oppongono, sostenendo la necessità di continuare il lockdown in un Paese che conta più di 11mila contagiati. Situazione più positiva invece in Ecuador, dove la quarantena iniziata il 16 marzo non ha garantito finora una diminuzione del numero dei casi, che però sono perlopiù concentrati nella regione meridionale del Guayas. Blocchi alla circolazione delle persone sono stati disposti anche in Colombia e Argentina, dove però la situazione sembra essere sotto controllo.