«Sarà un conflitto tra avvocati più che tra militari. E non riguarderà soltanto la Cina e l’America, ma potrebbe estendersi anche ad altri paesi». Il professor Lorenzo Schiano di Pepe risponde da casa, dopo una riunione telematica. Insegna diritto internazionale all’Università di Genova. È convinto che la tensione tra Trump e Xi Jinping, resa evidente dalle ultime dichiarazioni del segretario di Stato Mike Pompeo, possa portare a un confronto giudiziario, «in cui diversi Stati chiedano alla Cina di risarcirli dei danni subiti durante l’emergenza sanitaria».

Non si arriverà a uno scontro vero e proprio, quindi?
«Se per scontro vero e proprio si intende uno scontro militare, è plausibile pensare che ciò non accada. Dalla seconda guerra mondiale in poi, con diversi risultati, si è cercato di risolvere le controversie tra Stati in maniera pacifica ricorrendo ai Tribunali internazionali. Quando, ad esempio, India e Italia entrarono in conflitto per il rapimento dei due marò, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, è stata avviata una causa internazionale».

Potrebbe accadere anche oggi nei confronti della Cina?
«Sì, potrebbe. Diversi esperti hanno pubblicato alcuni articoli in cui evidenziano la possibilità che Pechino sia chiamata a rispondere delle sue azioni per la diffusione del Covid-19. Dobbiamo aspettare la risposta della Cina. Tuttavia, nutro dubbi circa la fondatezza di una tale azione, che si presenterebbe comunque oltremodo complessa».

Ma quale responsabilità potrebbe essere imputata all’Impero di Xi Jinping?
«Innanzitutto, è importante sottolineare che ancora oggi non sappiamo quando effettivamente il governo cinese sia venuto a conoscenza dell’esistenza di questo nuovo coronavirus. La responsabilità della Cina potrebbe teoricamente sorgere nel momento in cui si riuscisse a dimostrare che ci sono stati dei ritardi nel prendere atto della situazione e nell’informare l’Organizzazione mondiale della sanità».

E se invece, come insinua il presidente Donald Trump, la Cina avesse creato il virus nei suoi laboratori?
«Beh, in questo caso la responsabilità sarebbe diversa e, se vogliamo, anche maggiore. Bisognerebbe capire il ruolo del governo in queste sperimentazioni: era consapevole dei rischi? Gestiva direttamente il laboratorio in questione? Mi pare però che gli scienziati, anche statunitensi, tendano a escludere questo scenario».

Perché Trump sta muovendo adesso delle accuse così pesanti?
«Perché, dopo aver minimizzato la pericolosità del Covid-19, deve far ricadere le colpe di tutto quello che sta succedendo in America su qualcun altro».

Un capro espiatorio?
«Sì, esattamente. Per poter salvare la sua rielezione deve trovare un nemico esterno contro cui battersi».

L’Europa da che parte sta o dovrebbe stare?
«Dalla parte della legalità. Se realmente ci sono delle responsabilità, è giusto che l’Unione europea chieda a Pechino di prenderne atto. L’importante è che su questioni così delicate le posizioni non dipendano da motivi politici. Ricordiamo che l’Oms ha lodato la Cina per il modo in cui ha gestito l’emergenza sanitaria e questo è un elemento da prendere in considerazione».

Ci sono tanti punti oscuri, però. Xi Jinping non sembra essere stato così trasparente nei numeri e nelle misure adottate…
«Un governo che non riconosce ai propri cittadini le stesse libertà tipiche degli ordinamenti europei, come quello cinese, può imporre più facilmente provvedimenti restrittivi. La democrazia richiede uno sforzo ulteriore e io credo che in questo l’Italia sia stata d’esempio».