Corruzione, falsa testimonianza e appropriazione indebita. Con questi capi di accusa Lee Jae-Yong, alla guida della Samsung dopo la morte del padre, Lee Kun-Hee, lo scorso ottobre, è stato condannato dalla corte sudcoreana a due anni e mezzo di carcere.
Antefatti – L’arresto di Jae-Yong, avvenuto subito dopo la sentenza, rientra in uno scandalo più ampio, che coinvolge l’ex presidente sud-coreana Park Guen. Morti entrambi i genitori, la madre nel 1974 e il padre nel 1979, Park diviene presidente a soli 27 anni. Tra i suoi più fidi consiglieri spiccava Choi Soon-sil, figlia di Choi Tae-min, soprannominato il Rasputin coreano e vecchia conoscenza del padre. La relazione tra Park e Soon-sil è tutt’ora avvolta dal mistero. La consigliera era solita sfruttare il nome di Park per ottenere favori per sé e la figlia, con il tacito beneplacito della presidente. In cambio, Soon garantiva favori a grandi multinazionali sudcoreane, chiamate in gergo “chaebol”, una combinazione dei corrispettivi sudcoreani per “clan” e “benessere”. Con questo termine si indicano le più grandi aziende a gestione famigliare che hanno grande influenza sul Paese. Tra queste, c’è la Samsung, leader mondiale nella produzione di smartphone che contribuisce a un quinto del Pil coreano. Nel 2017 però scoppia lo scandalo. Le pratiche di corruzione e favoreggiamento della presidente Park vengono messe in luce. Per la prima volta nella storia della Sud Corea, un presidente viene messo sotto impeachment dal parlamento, e in seguito destituito. Park ammette di aver commesso errori, e si scusa per aver causato preoccupazione nella nazione. Soon-Sil, nel 2018 condannata a 20 anni di carcere per corruzione, clientelismo e abuso di potere, dichiara di aver commesso errori imperdonabili.
Il ruolo di Jae-Yong – Jae-Yong, 52 anni, laurea in Sud Corea e dottorato ad Harvard, dal 2014, dopo il primo ricovero del padre, si ritrova de facto alla guida della Samsung. Si inserisce subito in questa dinamica di do ut des. Nel 2015 donò svariati milioni di dollari – l’ammontare oscilla tra i 37.7 (Bbc) ai 27.7 (Yonhap news, agenzia coreana che ha dato la notizia) – a due fondazioni no-profit gestite da Soon-Sil. In cambio, questa avrebbe assicurato il supporto del governo per una fusione di due sussidiarie che necessitava dell’approvazione del fondo pensioni nazionale, il cui capo è stato in seguito arrestato. Più in generale, dati gli alti costi delle tasse di successione, il governo avrebbe dovuto garantire un passaggio di testimone il più indolore possibile per Yong, che, tra le altre cose, donò un cavallo alla figlia di Soon-sil e contribuì con milioni di dollari alla sua carriera equestre. Nell’agosto 2017, in concomitanza con uno scandalo che per la Corea ha portata epocale, venne dunque condannato in primo grado a cinque anni, per poi vedersi la pena dimezzata e sospesa dalla corte d’appello. Nel 2019, la Corte Suprema chiese alla corte d’appello di rivedere la decisione, richiesta accolta dall’Alta Corte che stamattina ha confermato la condanna. Per gli avvocati, che difendono l’assistito sostenendo che sia perseguitato dalla giustizia, i fatti di cinque anni fa rappresentavano ordinaria attività commerciale.
Samsung senza leader – La sentenza rappresenta un danno non da poco per la Samsung, principale produttore di smartphone basati su sistema operativo Android nel mondo, che da oggi si ritrova senza leader. Da una parte, le associazioni civili anti-corruzione esultano. Da tempo chiedevano alla giustizia più vigore e forza di volontà nel contrastare i legami occulti che hanno caratterizzato da sempre le relazioni tra cheabol e governo. Dall’altra l’assenza di Lee potrebbe comportare una paralisi nelle decisioni strategiche della Samsung e gravi conseguenze per l’economia sudcoreana.