Scontri, manifestazioni e dure polemiche per l’atteggiamento della polizia. Dall’Inghilterra all’Australia, montano le proteste delle donne contro le violenze di genere. A Londra Scotland Yard finisce sotto accusa dopo gli arresti di sabato 13 marzo per la manifestazione non autorizzata in solidarietà di Sarah Everard, 33enne rapita e uccisa mentre tornava a casa. A Sydney, occhi puntati sul Governo, accusato da più donne di aver coperto lo scandalo delle molestie sessuali.

Gli scontri di Clapham Common – «Shame on you! Vergogna!», grida la folla londinese contro gli agenti del Metropolitan Police Service. Sabato 13 marzo nel parco della zona sud di Londra, migliaia di persone hanno manifestato in ricordo di Sarah Everard. L’indagato è Wayne Couzens, 48 anni, poliziotto del Met, attualmente in carcere in vista dell’udienza di giovedì 18 marzo. Il raduno pacifico, ma non autorizzato, è stato fermato bruscamente dalla polizia londinese. Il bilancio è di quattro arresti e pesanti accuse nei confronti dei metodi utilizzati dagli agenti per reprimere la manifestazione. Le critiche sono arrivate dal sindaco di Londra, Sadiq Khan e dalla ministra dell’Interno Priti Patel, che ha definito sconcertante quanto accaduto sabato.

I manifestanti – Migliaia di manifestanti, soprattutto giovani donne, si sono mobilitati in ricordo di Sarah Everard. Un lungo corteo con fiaccole, cori, messaggi, fiori per la ragazza vittima dell’ennesimo femminicidio. Sono stati esibiti numerosi cartelli con la scritta “97%”. La percentuale che sta a indicare quante donne, tra i 18 e i 24 anni, dichiarano di aver subìto molestie in pubblico. La veglia però è stata bloccata nell’immediato dalla polizia metropolitana di Londra, per motivi legati alle norme sanitarie anti Covid. L’obbligo di far rispettare il divieto di assembramento si è trasformato in un’azione violenta da parte degli stessi agenti. Questi sono stati ripresi mentre strattonavano i manifestanti, immobilizzandoli a terra, ammanettandoli e portandoli via. A catturare l’attenzione dei media è stato il caso di Patsy Stevenson, una giovane ragazza che è stata spinta per terra e ammanettata. «Non stavo facendo niente. Ero lì ferma, volevo mettere il mio mazzo di fiori con gli altri, non ne ho avuto il tempo», ha raccontato la giovane dai capelli rossi.

La difesa di Scotland Yard– La polizia metropolitana della capitale inglese è sotto accusa. Cressida Dick, da quattro anni alla guida di Scotland Yard – la prima donna ad ottenere l’incarico – è uno dei principali bersagli dell’opinione pubblica. Sono forti le pressioni su di lei, eppure le dimissioni non sembrerebbero essere un’opzione. Dick ha sottolineato la necessità dell’intervento per far rispettare le misure di contenimento del virus. Rimane sui suoi passi ed è pronta ad affrontare la situazione, sicura del suo operato. Anche la vicecommissaria della polizia, Helen Ball, ha difeso gli agenti, affermando che la folla costituiva un serio pericolo per la trasmissione del Covid. Quel che è certo è che il numero uno di Scotland Yard ora dovrà fronteggiare un’inchiesta predisposta dalla ministra degli Interni, Priti Patel.

La rivolta di Londra– Forti critiche provengono dal mondo istituzionale. Il sindaco di Londra, Sadiq Khan, sul suo account Twitter ha scritto: «Le scene di Clapham Common sono inaccettabili. La polizia ha il dovere di far rispettare le restrizioni decise contro il Covid, ma dalle immagini che ho visto è evidente come la reazione sia stata, a volte, non appropriata e sproporzionata. Pretendo spiegazioni». Il primo cittadino di Londra assieme al premier Boris Johnson hanno incontrato Cressida Dick il giorno degli scontri. Se Khan ha espresso tutto il suo dissenso, il leader dei conservatori invece ha voluto dare fiducia al capo di Scotland Yard. Di diverso avviso sono i liberal democratici che con il loro leader, Sir Ed Davey, chiedono le dimissioni di Dick.

Manifestazioni in Australia – La bufera si sposta in Australia dove migliaia di donne stanno protestando contro la violenza sessuale e la disuguaglianza di genere. A smuovere il Paese sono state le accuse di stupro rivolte contro il governo conservatore australiano. #March4Justice, è questo l’hashtag diventato virale e promotore del movimento. Le manifestazioni hanno coinvolto più di 10.000 persone e oltre 40 città, in particolare Canberra, Melbourne e Sydney. A innescare le proteste è stata la denuncia, a metà febbraio, di Brittany Higgins, ex dipendente del partito liberale che ha dichiarato di aver subìto violenze all’interno del Parlamento da un suo ex partner. L’uomo, accusato da diverse parti, è stato licenziato. Ma è emerso anche un altro caso: un’accusa di violenza sessuale di 32 anni fa nei confronti del ministro della Giustizia, Christian Porter, prima che questo entrasse in politica.