«Prendetevi i vostri 800 foreign fighters che abbiamo catturato e processateli, il Califatto sta per crollare». Donald Trump prepara così i Paesi europei a fare i conti con le conseguenze dell’attacco finale all’ISIS nella provincia di Deir Ezzor, nel nord ovest della Siria. Dall’Italia sono partiti in 129, soprattutto cittadini di origine straniera, ma stabilmente residenti in Italia. Di questi 24 hanno la nazionalità italiana e 11 effettivamente nati nella penisola.
Due foreign fighters per ogni milione di italiani – Un numero relativo basso, secondo il rapporto ISPI Destinazione Jihad, se paragonato ai 46 combattenti per milione di abitanti del Belgio o ai 28 della Francia. I miliziani italiani costituiscono solo una piccola parte dei circa 6.000 europei che, a partire dal 2011, hanno raggiunto il Medio Oriente per unirsi all’ISIS del califfo auto proclamato Abu Bakr al-Baghdadi. Un dato che va associato a quello delle partenze. In Europa è la Francia a detenere il primato assoluto di partenze con 1900 combattenti, seguita da Germania e Regno Unito.
Chi sono i combattenti italiani dell’ISIS? – Secondo l’ISPI, Il fenomeno dei foreign fighter italiani riguarda soprattutto cittadini maschi (circa il 90 per cento del totale) residenti al nord. Prima regione di partenza è la Lombardia, che annovera 25 combattenti e 10 in particolare dalla provincia di Milano. La maggioranza dei miliziani italiani dell’ISIS ha un livello di istruzione basso, cioè ha completato solo la scuola media inferiore, non è coniugata e fa parte del cosiddetto gruppo di immigrati di prima generazione, nati e cresciuti all’estero.
Secondo dati aggiornati al luglio 2018, circa il 40 per cento dei combattenti partiti dell’Italia è deceduta o non è più rintracciabile. Questo è il dato di mortalità più alto fra i miliziani dell’ISIS in Europa. Le cause sono probabilmente la giovane età (in media 30 anni), un livello di addestramento e radicalizzazione inferiore. Nessun combattente recensito dalle Autorità italiane risulta avere legami con progetti di attentati terroristici messi a punto o compiuti dall’ISIS su suolo europeo.
Il fenomeno della radicalizzazione – In Italia l’ondata di estremismo islamico è stata meno significativa che in altri Paesi europei. Il ministero dell’Interno francese, ad esempio, dopo la dichiarazione dello stato di emergenza nazionale in seguito agli attentati di Parigi e Saint Denis del 13 novembre 2014, ha schedato con fichier S (scheda sicurezza) circa 15.000 sospettati di attentare alla sicurezza nazionale a causa di legami con il terrorismo islamico. In Italia «numerosi foreign fighter, hanno mostrato percorsi di radicalizzazioni individuali; per esempio, sono partiti da soli per l’area del conflitto, non riuscendo a trovare compagni di viaggio sul territorio nazionale», dice il rapporto ISPI. La scena jihadista nazionale non risulterebbe dunque strutturata.
Nessuna linea europea – Il ministro degli Esteri austriaco Karin Knessel fa sapere che «ci sono Paesi che hanno un alto numero di foreign fighter ed altri che ne hanno livelli più bassi o inesistenti. Quindi ci saranno risposte diverse da parte dei vari governi». Per Berlino «tutti i cittadini tedeschi hanno il diritto di tornare in Germania, inclusi quelli che hanno combattuto per l’ISIS». Il portavoce di Angela Merkel ha assicurato che «Ci sono già colloqui con gli Stati Uniti per affrontare il tema dei ritorni dei foreign fighter tedeschi.
Miliziani italiani di ritorno – Samir Bougana, bresciano di 30 anni, la trevigiana Sonia Kediri e la padovana Meriem Rehaily che ha sposato un miliziano da cui ha avuto due figli in Siria. Proprio Rehaily è stata condannata in contumacia a 4 anni di carcere per arruolamento con finalità di terrorismo, dal tribunale di Venezia. Dura la linea su possibili rimpatri suggerita dal vicepresidente leghista della Commissione Esteri della Camera Paolo Grimoldi:«L’Italia non muoverà un dito per riportare qui Bougana. Ha scelto di tradire l’Italia e di schierarsi con i tagliagole dell’Isis per cui adesso ne accetti le conseguenze».