Da sette mesi è detenuto nel Kurdistan iracheno con l’accusa di terrorismo internazionale. L’aspetto è quello del classico “lupo solitario”, robusto e barbuto. Si chiama Giampiero F. ed è uno dei foreign fighter italiani. La sua storia era immersa nel silenzio fino a lunedì 9 febbraio. Fino a quando in un’intervista Massud Barzani, presidente della regione autonoma curda, ha fatto riferimento a un italiano arrestato nella zona di Erbil: «È arrivato con un visto regolare dalla Turchia dichiarando apertamente alle guardie di frontiera di voler diventare un jihadista. Una vicenda strana».
La versione è stata confermata dal ministro degli Esteri italiano Paolo Gentiloni. Il nuovo “foreign fighter” italiano si chiama Giampiero, ha 35 anni, è di origine calabrese ma cresciuto a Bologna. Intorno ai vent’anni si è avvicinato ai circoli islamici frequentati da nordafricani. È un ragazzo ribelle, infiammato dal desiderio di difendere i popoli oppressi dall'”Occidente predone”. Visita quotidianamente i siti della propaganda jihadista, riuscendo così a crearsi una rete di contatti; per la maggior parte in Spagna. Nel 2008 Giampiero è a Granada, senza fissa dimora. È proprio mentre dorme su una panchina della città andalusa che subisce un brutale pestaggio da parte di un gruppo di adolescenti. Il calabrese finisce all’ospedale con diverse fratture su viso e braccia. Un anno dopo la polizia spagnola lo cerca per risarcirlo dei danni subiti. Ma Giampiero è già partito per la Turchia.
Attraversato il confine turco, il giovane si unisce all’esercito jihadista in Siria. Staziona per lo più nel quartier generale di Aleppo, da dove comunica via WhatsApp con altri convertiti italiani. «Lottiamo fino alla fine per liberare le terre schiacciate dalla violenza occidentale», si legge in uno dei suoi messaggi. Seguace convinto del califfo al-Baghdadi, è disposto a battersi fino al “sacrificio finale”. Infine, il goffo tentativo di unirsi allo Stato Islamico in Iraq. «Le autorità diplomatiche sono state informate a settembre dell’arresto di un italiano. Da allora gli viene fornita assistenza consiliare», ha detto l’ambasciatore italiano a Baghdad, Massimo Marotti. Che ha aggiunto di non avere ancora ricevuto dalle autorità locali alcun atto sulle accuse.
Nel frattempo non si fermano le atrocità commesse dallo Stato Islamico e dai suoi affiliati. Martedì 10 febbraio il braccio egiziano dell’Isis, noto come “Wilayat Sinai” (ex “Ansar Bait al-Maqdis”), ha postato un video che ritrae la decapitazione di dieci persone. Le vittime erano accusate di essere spie dell’esercito egiziano e del Mossad, il servizio segreto israeliano. I corpi mutilati sono stati piazzati sul ciglio di una strada del Sinai Settentrionale, quella che collega Rafah con Arish.
Andrea de Cesco