dirittiDocce sterilizzanti, come nei campi di concentramento. Donne e uomini nudi, sotto una pioggia di acqua gelata. Le immagini choc del Centro di identificazione ed espulsione di Lampedusa hanno fatto il giro del mondo. E se ora l’Italia rischia di perdere gli aiuti europei, quelle scene riaprono il dibattito su i diritti umani non sempre rispettati. Anche nel cuore dell’Europa. Dalle mutilazioni genitali, alla circoncisione, dalla battaglia intorno al velo alla libertà di culto, la storia recente è anche storia di un difficile equilibrio tra diritti universali e differenti culture.

Se la vicenda di Lampedusa è ancora tutta da capire, tra procedure interne e ipotesi di violenza, quello che negli anni si è fatto sempre più difficile, in campo di diritti, è stato trovare un punto d’incontro tra le culture d’origine e le legislazioni dei vari Paesi. È avvenuta, per esempio, tra manifestazioni e proteste, l’approvazione in Francia, nel marzo 2004, della legge che vieta il velo nei luoghi pubblici, in nome della laicità dello Stato. Le associazioni islamiche francesi hanno portato in piazza le ragioni delle donne dei paesi in cui vige la sharia, la legge fondamentale dell’Islam che le obbliga a portare il velo in presenza di uomini. Per chi manifestava, quella legge è una violenza contro la libertà di culto. Un modo diverso, rispetto alle istituzioni francesi, di concepire lo stesso diritto.

È quasi un’utopia, dunque, parlare di universalità in tema di diritti. Un altro esempio, la circoncisione. Se quella maschile è culturalmente accettata in Occidente perché parte fondante di una cultura – quella ebraica – che convive con l’Europa ormai da secoli, la mutilazione genitale femminile è una pratica considerata assolutamente inaccettabile. Quello di intervenire sugli organi genitali delle donne è un rito diffuso in molti paesi africani e del Medio Oriente, come segno di identità culturale e sociale. Ancora una volta, ciò che per i Paesi occidentali è inconcepibile, in altre culture è addirittura doveroso. C’è da aggiungere, poi, che la scarsa conoscenza della pratica riguarda anche le sue modalità: esistono infatti diversi gradi di mutilazione, dall’infibulazione – la più invasiva, che produce un irreparabile danno fisico – alla circoncisione, operazione simbolica del tutto assimilabile a quella maschile. Non è un caso, forse, che l’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, lo scorso 2 ottobre, abbia approvato un documento che riconosce nella circoncisione dei bambini una violazione dell’integrità fisica dei minori, pari alle mutilazioni genitali femminili.

Qual è la sfida, oggi? «L’universalismo dei diritti – dice Alessandra Fracchi, ordinaria di Filosofia del diritto alla Statale di Milano – tende ad affidarsi alla ricerca di percorsi di comunicazione che diano ai diritti umani contenuti compatibili con i fondamenti delle diverse culture. Ciò può avvenire attraverso una continua e reciproca influenza tra teorie e pratiche, società e istituzioni».

Giulia Carrarini e Giorgia Wizemann