L’Economist lo ha definito «Il più rissoso ambasciatore che gli Usa abbiano mai inviato alle Nazioni Unite». Nel 2005 George W. Bush lo nominò consigliere dell’Onu, sfruttando il meccanismo del “recess appointment”, che permette al presidente di prendere una decisione senza il via libera del Senato, che non approvava questa candidatura. A distanza di 13 anni John Bolton torna sulla scena, dopo che Donald Trump ha annunciato su Twitter di volerlo alla guida della sicurezza nazionale della Casa Bianca. Bolton è il terzo a ricoprire quest’incarico nei 14 mesi di presidenza di Trump. Il primo era stato Michael Flynn, licenziato sullo sfondo del Russiagate. Al suo posto era subentrato Herbert Raymond McMaster, con il quale il presidente si era scontrato varie volte per «differenze di stile e personalità»,  fino ad arrivare alla decisione di licenziarlo.

«Un falco prende il volo»- Con questo titolo in un editoriale del New York Times del 24 marzo veniva commentata l’ingresso di Bolton ai piani alti della politica americana. Nell’articolo Ross Douthat descriveva così il retroterra politico del nuovo consigliere: «I puri falchi, il gruppo a cui John Bolton  appartiene, condividono l’aggressività dei neocon e la diffidenza dei realisti nella costruzione della nazione». Nel pezzo si sottolinea che furono proprio loro i principali sostenitori dell’invasione in Iraq nel 2003. Una scelta che Bolton ha sempre difeso. Dopo aver prestato servizio nell’amministrazione Bush, come ha ricordato The Atlantic, nel 2010 ha recensito l’analisi di Colin Dueck sull’evoluzione della dottrina della politica estera repubblicana per la National Review, accogliendo la tesi secondo cui i presidenti repubblicani da Eisenhower in poi hanno perseguito «un nazionalismo americano coerente e intransigente» per «preservare la libertà di azione del loro paese negli affari mondiali». In nome di questo principio il neo-consigliere della Sicurezza sostiene la linea dura contro Teheran e Pyongyang. A fine febbraio il Wall Street Journal ha pubblicato un suo articolo intitolato: «Perché attaccare per primi la Corea del Nord».

Accordo a rischio-  Bolton ha ribadito più volte che l’obiettivo degli Stati Uniti dovrebbe essere il cambiamento del regime iraniano. Per perseguire questo obiettivo il consigliere di Trump potrebbe far saltare l’accordo sul nucleare di Teheran siglato da Usa, Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna e Germania. Cancellare questa intesa, fortemente voluta dall’allora inquilino della Casa Bianca Barack Obama, sarebbe solo il primo passo di una strategia di contrasto della presenza iraniana in Siria. Una linea condivisa dal nuovo capo della Cia Mike Pompeo. Un altro punto su cui Bolton e Pompeo concordano è la necessità di superare la proposta dei “due Stati” per risolvere lo scontro tra Israele e palestinesi, puntando su una strategia a tre Stati: Israele, naturalmente, Gaza che passerebbe all’Egitto e la West Bank  che torna a far parte della Giordania. Una prospettiva che cancella per sempre il sogno di uno Stato palestinese.