Tregua dopo tregua, sembra sempre più vicina la possibilità di un cessate il fuoco nella guerra dei dazi tra Cina e Stati Uniti. Secondo quanto riporta Bloomberg, Donald Trump sarebbe pronto a rinviare di altri 60 giorni la data ultima per il rialzo dei dazi Usa su duecento miliardi di importazioni da Pechino che, dall’attuale livello del 10%, passerebbero al 25%. Lo stop temporaneo all’aumento della tariffe doganali era stato siglato a dicembre in occasione del G20 di Buenos Aires, con fine prevista per il primo marzo. Lo scenario da tempo agita i mercati finanziari, molto sensibili alle variazioni di termometro nelle relazioni tra le due super potenze. I punti caldi rimangono i dazi imposti da Trump sull’acciaio e sui prodotti tecnologici importati dalla Cina, ai quali Xi Jinping ha risposto con l’aumento delle tariffe sull’import dall’America, in particolare sul settore agricolo e automobilistico.

Terzo round di negoziati – A partire dalla tregua di novanta giorni siglata il primo dicembre al G20 in Argentina, tra Donald Trump e Xi Jinping le acque sembrano essersi calmate. Dopo Davos, l’attenzione si sposta in questi giorni a Pechino dove martedì 12 febbraio è arrivata la delegazione americana, guidata dal rappresentante al commercio Robert Lighthizer e dal segretario al Tesoro Steven Mnuchin, che dovrebbero incontrare nel fine settimana il vicepremier economista cinese Liu He. Ma se, dopo sette mesi di guerra, dovesse mai esserci un vero e proprio armistizio, vorrebbe essere Trump a firmarlo. L’incontro tra i due presidenti potrebbe avvenire già a metà marzo: indiscrezioni dalla Casa Bianca parlano di un vertice con Xi a Mar a Lago, il resort di Trump a Palm Beach, in Florida. Sul tavolo delle trattative rimangono anche la tutela della proprietà intellettuale, con Trump che accusa la Cina di furto dei brevetti sui propri prodotti, e l’auspicata riforma del sistema cinese da economia a indirizzo statalista a libero mercato.

Perché la Cina vuole un accordo – Entrambi i Paesi devono fare i conti con i segnali di un rallentamento economico che li costringe al tavolo delle trattative. L’economia del dragone, secondo quanto riporta Il Sole 24 Ore, nel 2019 vedrà la propria crescita rallentare del 6%, il peggior dato dal 1989. E un modo per uscirne può essere proprio seppellire l’ascia di guerra con gli Stati Uniti. Dopo Buenos Aires, infatti, un’ondata di ottimismo ha spinto gli investitori internazionali verso la Cina: a gennaio gli acquisti sul mercato azionario cinese hanno raggiunto la cifra record di 9 miliardi di dollari, il flusso mensile maggiore di sempre per gli investimenti esteri nelle Borse di Shanghai e di Shenzhen.

Perché gli Usa vogliono un accordo – Anche gli Stati Uniti hanno interesse a finalizzare la tregua. Gli accordi di dicembre avevano previsto la ripresa degli acquisti da parte della Cina di prodotti energetici e agricoli americani, tra cui i germogli di soia, coltivazione più esportata dagli Usa e prima fonte di reddito per molti contadini statunitensi. Inoltre, come riporta Repubblica, la politica protezionistica del magnate non ha subito gli effetti sperati: i 250 miliardi di dollari di merci che non sbarcano più da Pechino a causa delle restrizioni commerciali non sono state sostituite da produzioni autoctone. L’82% arriva dall’Europa, il 12% ancora dalla Cina e solo il 6% da prodotti americani.

Non solo commercio – C’è chi parla anche di guerra tecnologica, oltre che commerciale. Partita che si gioca da mesi è infatti quella per il controllo delle reti per la nuova generazione wireless 5G, campo in cui il colosso cinese Huawei non ha rivali. Sebbene il tema non faccia parte degli accordi sulle tariffe doganali, ha contribuito a gelare i rapporti tra i due stati e ora continua a frenare la pace definitiva. Gli Stati Uniti hanno bloccato già da dicembre, in concomitanza con l’arresto della dirigente e figlia del fondatore di Huawei Meng Wanzhou, la possibilità per i dipendenti statali, soprattutto per le forze di sicurezza, di utilizzare apparecchi Huawei per paura che la compagnia vi avesse installato sistemi di spionaggio. Ora invece l’amministrazione Trump starebbe finalizzando un ordine esecutivo che vieterà a tutte le aziende di telecomunicazione di usare apparecchi cinesi per la realizzazione di reti wireless di prossima generazione, così da prevenire che Huawei e altre società guadagnino l’accesso alla rete 5G.