Nel cerchio a destra Denys Kireev (Ansa/Sergei Kholodin)

Traditore o martire? Di sicuro c’è solo che è morto. O forse no. La fine del negoziatore ucraino Denys Kireev, assassinato (sembra) con un colpo di pistola alla testa nel centro di Kiev il 5 marzo, è un giallo che nelle ultime ore si è arricchito di un nuovo capitolo. Le prime indiscrezioni trapelate dopo il suo omicidio avevano fatto pensare a lui come un doppiogiochista al soldo di Mosca, giustiziato per alto tradimento dagli 007 di Kiev. I suoi colleghi ne avrebbero scoperto la lealtà non alla madrepatria ma all’invasore, secondo la più lineare delle equazioni dello spionaggio. Dopo la notizia della sua morte però il numero delle incognite è aumentato a dismisura: il ministero della Difesa ucraino ha ribaltato la narrazione, definendolo un “eroe”. Caduto insieme ad altri due funzionari per difendere la nazione. E il mistero si infittisce.

Tradimento – 28 febbraio, quarto giorno di guerra. A Gomel, cittadina bielorussa distante 40 chilometri dai confini ucraino e russo, si tiene il primo round dei negoziati tra una delegazione di Kiev, guidata dal ministro della Difesa Oleksii Reznikov, e una di Mosca con a capo l’ex ministro della Cultura Vladimir Medinsky. Dal lato russo della barricata si segnala l’oligarca Roman Abramovich, mentre gli Ucraini “schierano”, tra gli altri, anche Denys Kireev. Quarantacinque anni, un passato come vicedirettore di una banca di investimento ucraina, un presente nei servizi segreti di Kiev. Le foto lo mostrano al tavolo dove si confrontano le due delegazioni, unico in giacca e cravatta dalla parte ucraina e non in uniforme militare. Una presenza importante, ancorché indefinita: il suo ruolo è avvolto nel mistero, il suo nome non compare nella lista dei delegati. Sabato 5 marzo ne viene annunciata la morte. Violenta. Un colpo di fucile alla testa nel pieno centro di Kiev, all’ingresso del tribunale di Pechersk. Un’esecuzione, secondo i media ucraini: il sito della Ukrainska Pravda prima, e l’agenzia Unian poi riportano che «che gli uomini del Sluba Bezpeky Ukrayiny , gli 007 di Zelensky, hanno ucciso un componente della squadra negoziale ucraina con l’accusa di tradimento». La colpa è di aver divulgato informazioni a Mosca. Si tratta appunto di Denys Kireev.

Contrordine – In serata però la versione dell’esercito è di segno opposto. I militari smentiscono la stampa, elevando anzi Kireev al rango di eroe. «Durante l’esecuzione di compiti speciali, tre spie (ucraine, ndr) dipendenti della direzione principale dell’intelligence del ministero degli Affari interni sono state uccise: Alexei Ivanovich, Valery Chibineev e Denis Kireev. Sono morti difendendo l’Ucraina e il loro impegno ci ha avvicinato alla vittoria!». Nessun cenno ai killer. Il caos regna sovrano ed è difficile capire come sia andata davvero. Alcuni ipotizzano che questa versione sia stata fatta circolare ad hoc dal governo di Kiev per evitare speculazioni sulla presenza di infiltrazioni nemiche: fondamentale preservare una narrazione di compattezza. I social nel frattempo si sono nuovamente divisi tra i pro-Kiev che negano la notizia e chi, invece, sul fronte opposto, filo-Mosca, denuncia “i nazisti” che ammazzano i negoziatori “non allineati”. D’altronde, si sa, le guerre sono fatte anche di propaganda.

Un personaggio ambiguo – Quel che è certo è che Denys Kireev era un banchiere di grande esperienza internazionale, dai più considerato il braccio destro di Andriy Klyueev, noto oligarca ucraino: 227 milioni di dollari di patrimonio, sontuosi palazzi a Vienna e magnate nel mercato dell’energia solare. Affiliato di Activ Solar GmbH, azienda con sede nella capitale austriaca, impegnata nello sviluppo di centrali fotovoltaiche su larga scala proprio in Ucraina. Ma Klyueev è anche – e soprattutto –  una figura chiave nella politica ucraina degli ultimi decenni, già uomo di fiducia dell’ex presidente filorusso Victor Yanukovich. Klyueev era noto per le sue attività volte alla destabilizzazione dell’Ucraina ed era stato sanzionato da mezzo mondo per corruzione e abuso d’ufficio. I suoi conti sono stati congelati dalla Svizzera al Lichtenstein, dall’Unione Europea al Canada e infine negli Stati Uniti nel 2015. Un’ambiguità che trascina con sé anche la figura di Kireev, cresciuto politicamente ed economicamente alla sua ombra. In molti si chiedono come mai un personaggio così legato agli interessi di Mosca sia stato ammesso a colloqui tanto delicati. Un mistero, l’ennesimo di una guerra che vede impegnate tanto le truppe quanto le spie. In serata del 7 marzo l’apoteosi: il presidente della Commissione esteri della Duma russa, Leonid Slutsky, anche lui presente ai negoziati, ha dichiarato in tv che «Non ci sono ancora chiare informazioni sul fatto che Kireeev sia morto». Un coup de théâtre. È il Cremlino, ma sembra il Bolshoi.