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Mappa dei risultati dello studio sui diritti delle donne nei Paesi arabi (Fonte: Thomson Reuters Foundation)

Finita la parabola della primavera araba in Egitto, cala anche il sipario sulle speranze delle donne per migliorare le loro condizioni. Il Paese nordafricano si piazza all’ultimo posto tra gli Stati arabi per quanto riguarda i diritti delle donne. È quanto mostra una ricerca di Thomson Reuters Foundation che ha esaminato la situazione nei 22 Paesi. Meglio di tutti sulla fronte dell’uguaglianza sono le Comore. Mentre in coda della classifica, subito dopo l’Egitto, ci sono Iraq, Arabia Saudita e Siria.

C’erano anche le donne, e in tante, in piazza Tahrir durante la sommossa popolare che ha portato alla caduta del regime di Mubarak nel 2011. Poi hanno visto come il cambio di rotta della rivoluzione ha portato al potere i Fratelli Musulmani bruciando le conquiste effimere sulla parità di genere. Con le contestazioni del presidente Mohamed Morsi, deposto in seguito, sulle strade dell’Egitto è tornato il caos. Che si è tradotto soprattutto in violenza sulle donne. Human Rights Watch denuncia che durante le proteste anti Morsi del giugno scorso, 91 donne sono state stuprate e molestate in piazza Tahrir.

Oltre le violenze, un altro grave problema che affligge la popolazione femminile dell’Egitto è la mutilazione genitale, praticata anche sulle bambine. C’è poi la questione del traffico umano. “Ci sono dei villaggi nei dintorni del Cairo la cui economia si basa in vasta misura sul traffico delle donne e sui matrimoni forzati”, sostiene Zahra Radwan dell’Ong statunitense Global Fund for Women.

Lo studio mette in luce anche come in Iraq le donne affrontino addirittura maggiori pericoli rispetto alla stagione di Saddam Hussein. Spesso sono proprio loro ad essere le vittime della violenza settaria che sta dilaniando il Paese.

Allo stesso tempo le donne dell’Arabia Saudita stanno subendo un altro tipo di discriminazione. Mentre la situazione saudita è migliore rispetto a tanti altri Stati arabi per quanto riguarda i diritti all’istruzione e alla salute, quello che pesa è invece la partecipazione alla vita politica, l’uguaglianza sul luogo del lavoro e la libertà di movimento.

Anna Lesnevskaya