«America is back (L’America è tornata)». È con un tweet pubblicato alle 2 di notte che il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha annunciato la conclusione (vittoriosa? e in questo caso per chi?) del tour europeo, cominciato l’11 giugno con il G7 in Cornovaglia e conclusosi sei giorni dopo con un faccia a faccia con Vladimir Putin a Ginevra. Dopo l’annuncio della “Lega delle democrazie” per la difesa dei diritti umani, il bilaterale con la Russia è stato «costruttivo». O almeno così è stato definito sia da Putin sia da Biden nelle due conferenze stampa, rigorosamente separate, dopo il vertice. Restano tuttavia diversi nodi in quello che è solo un primo segnale di disgelo, come cybersecurity, disarmo e diritti umani.

I risultati – Il bilaterale si è concluso puntando sugli interessi condivisi dalle due potenze: si è raggiunto un accordo per portare cibo alla popolazione civile in Siria, per evitare che l’Iran si doti degli armamenti nucleari, per mantenere l’Artico fuori da una corsa agli armamenti, ma anche per prevenire il terrorismo in Afghanistan. Un risultato non da poco, visto che lo stesso presidente russo aveva detto in un’intervista a Nbc News il 12 giugno che i rapporti con gli Stati Uniti erano ai minimi storici. Rappresenta il frutto di un approccio pragmatico, finalizzato anche a una ripresa dei rapporti in seguito all’avvicinamento tra Russia e Cina lo scorso marzo. Non si può però parlare di una soluzione globale ai contenzioso tra le due superpotenze.

Cybersecurity  e dubbi– Nel campo della cybersecurity, Biden ha dato a Putin un elenco di 16 infrastrutture americane «nevralgiche», che «restino off-limits, al riparo dagli attacchi, e le nazioni responsabili devono agire contro i criminali a partire dal loro territorio». E che segnano il limite oltre il quale gli hacker russi non possono spingersi. Secondo il New York Times, la minaccia reale nello scontro Usa – Russia restano però proprio i cyber attacchi, in aumento negli ultimi anni. Come per il caso SolarWinds, contro diverse agenzie governative americane, ma anche dei ramsonware, “estorsioni digitali” che colpiscono le imprese paralizzandone i sistemi informatici per chiedere un riscatto. Tanto che la scorsa settimana Jake Sullivan, il consigliere per la Sicurezza nazionale, aveva detto: «Il tema dei cyber attacchi finanziati dagli Stati resta una questione di grande preoccupazione per gli Stati Uniti». Se di fronte al nucleare gli americani sanno quali sono i punti da cui può partire un possibile attacco e possono difendersi o colpire, nell’era digitale ciò non è possibile. Nessuno sa quanti sono gli hacker, né chi sono. Né conosce l’identità dell’uomo che, con un tocco di tastiera o un click, può colpire interi sistemi informatici. Non si può neppure prevedere il risultato di tale detonazione, cosa invece possibile nel caso dell’energia atomica. In caso di violazione dell’accordo, gli Stati Uniti saranno pronti a rispondere con sanzioni economiche, che non risolverebbero però qualsiasi danno provocato dagli attacchi degli hacker, informatico, economico o di qualsiasi altra natura.

Il disarmo  – Anche sul piano delle armi nucleari, l’accordo sul disarmo non risulta convincente. Ne parla il Corriere della Sera in un editoriale del 17 giugno, dal titolo “I duri fatti militari dietro ai summit”: secondo il gruppo di ricerca svedese Sipri se nel 2020 gli arsenali atomici si sono ridotti in numero, sono però stati modernizzati e quindi migliorati. Gli Usa hanno ridotto le testate da 5.800 (nel 2019) a 5.550, mentre la Russia è passata da 6.375 a 6.255. Cina e Regno Unito hanno invece segnato una tendenza inversa con rispettivamente più 30 e più 10.

Diritti umani – Sul fronte dei diritti, Biden ha dichiarato: «I diritti umani saranno sempre sul tavolo delle trattative». Durante il vertice il presidente americano ha detto che se l’oppositore di Putin Aleksej Navalny morirà in carcere, le conseguenze per la Russia saranno «devastanti». Restano le sanzioni contro la Russia per l’aggressione all’Ucraina. Alle accuse americane, Putin ha risposto con parole dure verso gli Usa: «Guantánamo è ancora aperta, è questo il modo in cui si rispettano i diritti umani?», in un riferimento al centro di detenzione di massima sicurezza a Guantánamo Bay (Cuba) più volte finito nel mirino per tortura sistematica verso i detenuti. Il presidente della Federazione Russa ha anche citato la presunta repressione dell’attacco al Congresso del 6 gennaio, i bombardamenti sui civili in Afghanistan e le violenze della polizia contro gli afroamericani, oltre ad aver respinto ogni accusa di repressione interna. I diritti umani restano tra i temi su cui non si è raggiunto alcun accordo.

Cosa cambierà? – «Come confida nel fatto che il comportamento di Putin cambierà?». L’elefante nella stanza del vertice di Ginevra è emerso subito dopo, in una domanda da parte di una giornalista della Bbc a Biden. La replica è eloquente: il presidente si innervosisce e sbotta, «quando ho detto che ero fiducioso della cosa? Ho detto che il comportamento dei russi cambierà quando il resto del mondo reagirà nei loro confronti. Non sono fiducioso di nulla. È un fatto». L’intento dichiarato da Biden d’altro canto era  voler rendere i rapporti tra Stati Uniti e Russia «stabili e prevedibili».